Recensione: Shockwave Supernova

Di Paolo Robba - 12 Ottobre 2015 - 13:56
Shockwave Supernova
Band: Joe Satriani
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2015
Nazione:
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67

Quindicesimo album per Joe Satriani che segue di due anni il precedente album “Unstoppable Momentum”.
Ormai, diciamo la verita, del grande Joe sappiamo praticamente tutto e difficilmente qualcosa di nuovo e particolarmente diverso e originale nello stile  e nell’esecuzione giungerà alle nostre orecchie accendendo i nostri cuori e illuminando le nostre menti.
Joe ci ha da sempre abituati ad interpretare veri e propri viaggi musicali raccontando con la sua musica storie di vita, d’amore e di tristezza, di famiglia e di amicizia, di passione e di sconforto entrando nell’animo dell’ascoltatore con il suo inconfondibile poetico lirismo, a volte più aggressivo, a volte più delicato ma sempre semplice, diretto, lineare.
Personalmente ho sempre trovato un po’ azzardata e discutibile la scelta e la svolta techno-elettronica di Joe in alcuni suoi album disperdendo quell’inconfondibile e cristallino sound e quel sognante ed espressivo stile che milioni di chitarristi sparsi nel pianeta hanno da sempre cercato di imitare ed emulare.
Ma si sa…l’evoluzione musicale è sicuramente cosa imprescindibile per un’artista e Joe non si è certo sottratto a questo percorso regalandoci comunque tanti album di ottima fattura ma probabilmente non avvicinabili all’incredibile purezza ed espressività che aveva caratterizzato i suoi primi album (The Extremist, vero capolavoro del musicista più che del chitarrista, su tutti).
E allora, cosa aspettarci da questo ennesimo lavoro discografico dell’Alieno?
Il disco inciso presso lo Skywalker Sound di Lucas Valley, in California, con il gruppo che lo accompagna abitualmente in tour: il tastierista e chitarrista Mike Keneally, il batterista Marco Minnemann e il bassista Bryan Beller, vede inoltre la partecipazione di alcuni ospiti prestigiosi come il grande batterista Vinnie Colaiuta e il bassista dei Jane’s Addiction Chris Chaney, che impreziosiscono alcuni brani dell’album.
Un’esplosione di emozioni dirette, intense, ricche di pathos, in grado di colpire l’animo di qualunque ascoltatore capace di sentire la musica con il cuore più che con la mente: questo è quello che ci si aspetta dalla musica di Joe Satriani e questo è quello che vogliamo e abbiamo sempre voluto da Joe Satriani.
Beh, l’album “Shockwave Supernova” offre tanti apprezzabilissimi momenti, tanti assoli e fraseggi di ottima fattura ma se l’obiettivo di Joe era ritornare a conquistare il cuore dell’ascoltatore e se da un suo album ci si aspetta sempre magia e poesia allora solo parzialmente possiamo parlare di obiettivo raggiunto.
Discutibile la scelta di inserire ben 15 brani, alcuni dei quali davvero anonimi e monotoni, che contribuiscono unicamente ad appesantire l’album stesso e ad annebbiare l’interesse e l’attenzione dell’ascoltatore.
I due primi brani “la title track Shockwave Supernova” e “Lost in a memory” sembrano presagire davvero bene; pezzi intensi, più aggressivo il primo, più melodico il secondo con i soliti bellissimi assoli di Joe.
Ma già con il terzo pezzo, “Crazy Joey” si ha una brusca frenata; traccia onestamente non degna del grande chitarrista. Qualcuno forse inorridirà ma trattasi di un pezzo davvero scontato e quasi fastidioso all’ascolto con un refrain che dire ispirato a “Thunderstruck” degli AD/DC è quasi ovvio e banale.
Occorre attendere 1′.25” del pezzo successivo “In my pocket” per riassaporare un po’ di melodia tipica di Joe ma purtroppo anche questo pezzo non riesce assolutamente a coinvolgerci come vorremmo; non un brutto pezzo, intendiamoci, ma quasi scontato e scolastico addirittura.
Con “On Peregrine Wings” si torna finalmente ad alti livelli; riff deciso e sensuale al tempo stesso in apertura con i soliti ottimi assoli che colorano il pezzo. Aggressività, melodia, intensità: c’è un po’ di tutto il repertorio di Joe in questa traccia; sicuramente una delle migliori dell’album.
Purtroppo con i pezzi successivi “Catclysmic” e “San Francisco Blue” altra discesa nell’anonimato. Intendiamoci: un giovane chitarrista affamato di successo e smanioso di mettersi in mostra avrebbe preso elogi dalla critica ma dobbiamo essere sinceri e da Joe Satriani ci aspettiamo ben altro: pezzi sicuramente ben eseguiti ma che non decollano mai. Se mi passate la poco poetica similitudine: dei palloni che rotolano su un campo sportivo ma che non raggiungono mai la porta.
Con “Keep on movin‘” e “All of my Life” il livello si alza di nuovo: brani dove l’emozione torna sovrana e dove Joe con la sua musica torna a colpire in profondità nel cuore dell’ascoltatore.
Aggressivo, roccioso e diretto il pezzo seguente “A phase I’m going through” dove torna abbondante l’uso del wha wha per un ricco susseguirsi di assoli degni del miglior Joe.
Tralasciamo purtroppo “Scarborough Stomp”, altro pezzo semplicemente non degno di un chitarrista di tale livello; pezzo che si lascia ascoltare, intendiamoci, ma rimane sempre una spiacevole sensazione di qualcosa di scontato e di già sentito.
E con “If there is no heaven” che l’asticella di gradimento si alza nuovamente. Non un pezzo che rimarrà nella storia della musica, ma finalmente melodia e pathos allo stato puro. Ritroviamo serenità, leggerezza, voglia di metterci a correre e di urlare.
L’album si conclude con “Stars race across the sky” e “Goodbye Supernova”, forse il miglior pezzo dell’album; due buonissimi brani, tipici del Joe Satriani style. Sentimento e pathos: in questi due brani abbondano eccome e ci lasciano quasi un retrogusto amaro per quello che poteva essere ma che non è stato; per quello che avremmo sognato ma non si è avverato.
Ed è un peccato davvero: Joe è un formidabile chitarrista che ha incantato platee intere di musicisti e non, di ragazzi speranzosi, di genitori arrabbiati, di fanciulle innamorate, di metallari dai capelli lunghi e dai giubbotti borchiati, di ragazzi e ragazze che semplicemente hanno voglia di emozionarsi con la sua musica.
Sono tanti anni che Joe Satriani ci regala le emozioni più disparate, consapevole di un percorso e di una ricerca sonora che si è evoluta nel tempo ma non sempre si riesce a dare quello che effettivamente si vorrebbe dare e questo non significa che l’Alieno non tonerà sulla nostra terra con nuove ed inaspettate emozioni.
In conclusione un disco discreto, da avere se si è in possesso di tutta la discografia del “Satch” e non si può proprio fare a meno di rinunciare ad un suo album ma purtroppo forse le vere emozioni stavolta rimangono unicamente nei nostri sogni e nei nostri desideri.

Paolo Robba

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