Recensione: Shot To Hell
Ricordo ancora oggi in maniera nitida il mio primo incontro (musicale) con Zakk Wylde.
Era il 1990, il leggendario Ozzy aveva appena pubblicato un album straordinario intitolato “No More Tears” del quale un compagno di liceo mi aveva dato un assaggio passandomi qualche pezzo inciso su nastro. Quello che mi aveva colpito come un masso in pieno viso, era il suono selvaggio e potentissimo della chitarra, un monolite di cemento scagliato con forza primordiale, che sapeva ingentilirsi con espressioni melodiche che tradivano una sensibilità dell’esecutore incredibile, un “tocco” mai ascoltato e perfetto nella sua forza, che si stampava in testa e non usciva più.
Oggi, a distanza di sedici anni, Zakk Wylde, il chitarrista autore di quella performance strepitosa che tanto mi colpì, è divenuto uno dei più influenti ed apprezzati musicisti presenti sulla piazza ed il suo stile, fatto di suoni rotondi e robustissimi, al confine tra il rock sudista più ruvido ed alcolico, l’hard rock più veloce e diretto e la profondità dei toni sabbathiani, è divenuto un marchio di fabbrica riconoscibilissimo che non ha eguali in tutto il panorama hard odierno.
“Shot To Hell” è il settimo sigillo (al netto di live e raccolte) della sua creatura chiamata Black Label Society, un album, almeno nei propositi, fatto di coerenza e tradizione e sincero come un buon whisky invecchiato, anche se probabilmente, per alcuni, non del tutto degno prosecutore della discografia del capellone del New Jersey.
Ogni fan dei Black Label è cosciente del fatto che un nuovo cd della band statunitense non presenterà mai sorprese o situazioni impreviste in quanto a stile e campionario di immagini: la strada è sempre la medesima, ed il mezzo per percorrerla non cambia.
Una lunga cavalcata a bordo di una ruggente Harley, le autostrade infinite degli states, sgommate a tutta forza e lifestyle stradaiolo, mitigato tuttavia da romantici tramonti infuocati ricchi di passione ed amore per la vita.
Fuor di metafora, è evidente come sia rimasto intatto il classico “BLS” sound, che si perpetua di disco in disco senza mai modificare di un grammo la propria “muscolosa” identità, suddividendo gli episodi tra cavalcate metalliche con la chitarra di Zakk in primo piano a dispensare sventagliate di riffs pesanti come macigni ed assoli funambolici, e ballate dal profilo più intimista e soffuso, che rivelano la grande sensibilità del leader e conferiscono da sempre un alone di orgogliosa fierezza alla sua produzione.
E’ l’approccio tuttavia che sembra in qualche misura essere mutato: l’irruenza incontenibile pare essersi coagulata in una nuova consapevolezza dei propri mezzi, che così perdono decisamente in immediatezza e, cosa assurda sino ad ora per questo gruppo, arrivano a chiedere qualche attimo di digestione prima di rivelarsi appieno e colpire a fondo.
Interpretando la natura a volte decadente e crepuscolare, quasi gotica, di alcuni brani, qualcuno potrà rimanere sorpreso, scoprendo un compositore ed un gruppo in evoluzione e non pietrificato in alcuni rigidi stilemi, gratificato da un grande talento ed alla ricerca di una formula perfetta per far coesistere la furia e la delicatezza, in un equilibrio immortale, la cui scoperta è territorio di pochi.
Se dunque da un lato si delineano brani dal groove terremotante come la tripletta iniziale “Concrete Jungle”, “Black Mass Reverends” e “Blacked Out Worlds” o “Faith Is Blind” e “Devil’s Dime”, dall’altro emergono pezzi di classe cristallina e grande romanticismo, come le splendide “The Last Goodbye”, “Nothing’s The Same”, “Sick Of It All” e “Lead Me To Your Door”, canzoni dotate di un’anima profonda e piena di passione, che straripano sentimento e dolcezza senza per questo apparire mai banali o artefatte.
Esiste, purtroppo, anche una piccola pattuglia di canzoni evitabili e poco riuscite, che, con grande rammarico, mortificano il giudizio finale facendo giungere la proverbiale Harley di Zakk al traguardo con le ruote un po’ sgonfie: “Give Yourself To Me”, “Hell Is High”e la semi strumentale “New Religion”, appaiono quali riempitivi volti alla mediocrità, con ritornelli “trascinati” e non troppo convincenti che cedono presto il passo alla noia.
Singolari infine i testi, che non ruotano, come si potrebbe erroneamente pensare, intorno a situazioni concernenti la vita on the road, ma piuttosto offrono una visione disincantata della moderna società, in un misto di decadenza, corruzione ed aspetti religiosi che donano un fascino epico e cinematografico al disco, in una sorta di viaggio di dannazione e redenzione attraverso le aberrazioni dello stile di vita americano, ferocemente criticato.
Proponendosi dunque, come una sorta di bilanciamento tra i potenti e sanguigni “Mafia” e “Blessed Hellride” ed il più morbido e sentimentale “Hangover Music”, il nuovo disco dei Black Label Society è un lavoro che potrebbe deludere una fetta dei propri seguaci, non soddisfacendo appieno le attese (accresciute anche dal recente deal con la Roadrunner) di chi desiderava potersi confrontare ancora una volta con un album diretto, intransigente e ben definito, sebbene, a mio personalissimo parere sia, tutto sommato, in grado di confermare almeno in parte l’elevato standard qualitativo da sempre in dote alle produzioni del magnifico Zakk Wylde.
In conclusione, il cd non risulta essere affatto male, tuttavia è percepibile qualche passaggio a vuoto, cosa di certo non abituale in un platter di cotanta band.
Un prodotto in chiaro – scuro e leggermente controverso può giungere anche dai grandissimi fuoriclasse, ad ogni livello ed in ogni ambito: il tentativo di trovare nuove strade pur mantenendo intatta la propria identità/credibilità, è un rischio che da sempre espone a qualche critica, qualche mugugno e fa, metaforicamente parlando, qualche vittima.
Interessante nell’attesa di ulteriori sviluppi futuri (e di una copertina migliore).
Tracklist:
01. Concrete Jungle
02. Black Mass Reverends
03. Blacked Out Worlds
04. The Last Goodbye
05. Give Yourself To Me
06. Nothing’s The Same
07. Hell Is High
08. New Religion
09. Sick Of It All
10. Faith Is Blind
11. Blood Is Thicker Than Water
12. Devil’s Dime
13. Lead Me To Your Door
Line Up:
Zakk Wylde – Voce / Chitarra / Piano
Nick Catanese – Chitarra
John DeServio – Basso
Craig Nunenmacher – Batteria