Recensione: Shrine Of The Ancient Gods

Di Elisa Tonini - 14 Luglio 2023 - 9:00

Nati nel 2015 a Tbilisi i georgiani Iahsari si fecero notare un anno dopo con i singoli “Gelino” e “Unbowed“, pezzi che uniscono perlopiù sonorità symphonic metal al folk locale. Incantava inoltre l’uso della lingua georgiana, espressa da una voce principale femminile. Nel 2016 La prima cantante Ann Oganesyane abbandonò il gruppo e nel 2017 fu sostituita da Mariam Chakvetadze. Il presente “Shrine of the Ancient Gods” arrivò nel 2018. Andiamo però con ordine.

Il contesto generale

Con il cambio di cantante anche “Gelino” e Unbowed” sono stati riregistrati per poi essere inclusi in “Shrine of the Ancient Gods”. Mariam si differenzia da Ann per un tono scuro, drammatico e potente, per certi versi ancora più cupo di Tarja e per altri vicino alla cantante new age Enya. Questa sua caratteristica si riflette nel sound rendendolo da un lato più robusto mentre in certi frangenti pare quasi grezzo. La struttura dei brani è variegata spaziando dal death black sinfonico a sonorità più classiche senza dimenticare pregiati assoli ed altre soluzioni di gusto prog e virtuoso. Maggiormente presente in quest’opera è inoltre la voce maschile, protagonista indiscussa in “Shatilis Asulo”.

Tutto ciò si intreccia a due elementi chiave, ovvero il lato folk e l’idioma. Nel primo caso appaiono orgogliose melodie e strumenti tradizionali georgiani, in altri frangenti pure suggestioni asiatiche e quelle marcatamente europee. Dal punto di vista linguistico il georgiano risulta sfavorito a quello inglese.

La recensione

Alla luce di quanto sopra “Shrine of the Ancient Gods” possiede due tracce – osiamo – definibili tra le cose migliori mai ascoltate nel folk metal. Un’altra canzone si può reputare fantastica mentre in altre ci sono dei punti davvero notevoli ma complessivamente impallidiscono al confronto.
Per dire. è probabile che come la sottoscritta vi ritroviate ad ascoltare a nastro “Gelino”, “Shatilis Asulo” ed Unbowed”, tutti brani cantati in georgiano. I primi due sono arrangiamenti di canzoni popolari mentre il terzo è un brano originale dei Nostri. “Gelino” era splendida cantata da Ann ma la corposità della voce di Mariam la rende diversa. Spettacolare come la band adatti il suo stile creando qualcosa di assolutamente epico, senza tempo. Sublime pure “Shatilis Asulo”, brano cantato interamente da voci maschili sfoggiando un accattivante istinto in bilico tra metal classico anni 80 e power moderno.
“Unbowed” è invece un affascinante pezzo battagliero, le cui melodie invitano a tributare infinito rispetto al fiero popolo georgiano.

E poi – tralasciando un paio di strumentali – gli Iahsari si sono fatti sedurre dalla lingua inglese, scelta sbagliatissima. Idioma a parte anche le melodie georgiane  appaiono definite raramente, anzi si percepisce una cultura più occidentale. Onestamente tra i pezzi da poco citati ed il resto sembra di ascoltare il più delle volte due gruppi diversi ed anche l’ispirazione generale cala. Cercando comunque il meglio, da citare l’epica eleganza cinese in “Wind Divine” ed alcuni, stupendi passaggi dal spore locale in “Old Man’s Grief”

Senza indugio il punto più basso dell’opera è “The Dream” pezzo dall’aria caotica culturalmente e stilisticamente parlando.

Conclusione

Con “Shrine of the ancient Gods” gli Iahsari propongono un album dalla qualità complessiva disomogenea. La scelta di usare prevalentemente la lingua inglese ha inficiato sulla genuinità delle tracce, inoltre manca uno spirito coeso nella loro scrittura . Il vero cuore della band si trova nelle tre splendide canzoni cantate in georgiano. Un EP contenenti tali canzoni più “Nabadi” e “Va Giorqo Ma” avrebbe meritato una decina di punti in più. Ottimi musicisti dal punto di vista tecnico e valida la produzione.
Un disco per chi – come la sottoscritta – è stato affascinato da “Night Ride Across the Caucasus” di Loreena McKennitt così come ai fan del symphonic e del folk metal.

Elisa “SoulMysteries” Tonini

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