Recensione: Side
Progressive tra il rock ed il metal per i nostrani Echotime, progetto musicale che ci risulta essere nato nel lontano 2002 ma che ha alle spalle un solo album del 2013.
“Side” è un full-length che è una vera e propria opera teatrale in note, il cui numero fitto di tracce si giustifica da intermezzi di narrazione che fanno da trait d’union tra i brani strumentali. Un’opera fatta di emozioni, incontri tra personaggi e sentimenti che trasudano dalle note di un disco che sa andare oltre le metriche e la tecnica. Sfumature heavy, lapilli jazz ed un uso sapiente delle tastiere sono le evoluzioni a cui ci troviamo di fronte.
Culture lontane, melodie orientaleggianti a volte, scaldano il cuore in consuete suite strumentali che appagano e dissetano di melodia. Parliamo di un sound che si avvicina idealmente a Symphony X, all’intensità dei Myrath e ad un progressive avvolgente.
La sensazione di accoglienza e tepore è costante di un’opera musicale che sa spaziare in ambientazioni che ci colgono ogni volta di sorpresa. Prendete ad esempio ‘The Orphanage’, romantico ed inusuale approccio delle armonie, cui fa seguito un uso fanciullesco e divertito del pianoforte in ‘The Bend of Love’. Ci spostiamo idealmente in un luogo sperduto, ai margini di una città importante, periferia in cui però l’arte non muore. Artisti di strada che ci mostrano come la sensibilità non debba avere per forza un tetto sopra la testa. Vena di follia nelle note di questi artisti, capaci davvero di toccare il cuore dell’ascoltatore al di là di una competenza che è incontestabile.
Struggenti passaggi vocali, solenni impasti di voci sono una delle innumerevoli frecce all’arco di interpreti che meritano attenzione ben oltre i confini nazionali. Un sound che si espande e che si mesce con l’anima di chi ne saprà accogliere le espressioni. Circensi e poi seriosamente impegnati, gli Echotime sono poliedrici maestri del progressive. Vedremo se il tempo regalerà loro quell’ingrediente in più che li sappia consacrare nel panorama, impronta che li distingua ma che già intravediamo. Complimenti ragazzi.
Stefano “Thiess” Santamaria