Recensione: Siege
Continua il viaggio nella fantascienza futuristica e distopica dei Mechina. A livello sonoro, poi, gli statunitensi, giunti con “Siege” al loro nono LP in carriera (8 dei quali usciti negli ultimi 10 anni però), sembrano aver definitivamente abbandonato il death metal (pur assai particolare) degli esordi in favore di un sound decisamente contaminato, fatto di tastiere elettroniche ed atmosfere sospese.
“Siege” si conferma su questa falsa o, meglio, costituisce una sorta di “parte seconda” del suo predecessore “Telesterion”, un po’ come “As embers turn to dust” era una sorta di completamento di “Progenitor”. A livello musicale, sia ben chiaro. Del concept parleremo più in là.
Chi conosce i Mechina e in particolare chi ha sentito “Telesterion“, in ogni caso, un po’ sa già cosa aspettarsi. Il gruppo dell’Illinois sta da qualche tempo riducendo la sua componente estrema in favore di quella futuristica. Componente futuristica che è presente sin dagli esordi ma che comunque, da “Progenitor” in qua, pare essere decisamente aumentata o meglio, tutto pare aver svoltato in direzione di melodie più catchy. Con il nuovo album – in realtà uscito in formato digitale già da alcuni mesi – danno un’ulteriore spinta in questa direzione.
Ci sono sempre i riff spaccatutto, anche se spesso sono sommersi da tastiere eteree che creano atmosfere sospese e quasi sognanti. Il sound pare quello tipico, insomma, solo ulteriormente rallentato. La vera differenza qui la fanno le voci. Su “Siege” è pressoché assente il growl. O meglio, il growl ci sarebbe anche, ma è molto sporadico ed è talmente sommerso dalla parte musicale che se non vi fate attenzione non lo notate. La linea vocale grava quasi completamente sulle clean, sia quelle femminili di Mel Rose che quelle maschili di David Holch (ma è abbastanza difficile distinguere l’una dall’altro se non si è abituati).
Episodi particolarmente riusciti ce ne sono (“The worst is us”, la title track, “Freedom Foregone”) ma la verità è che i Mechina, ancora una volta hanno dato vita ad un album sonicamente compattissimo, che quasi pare una megasuite da 65 minuti.
A livello di concept, ci sarebbe da scrivere un libro. Tutta la discografia della band statunitense (album, EP, singoli, alla faccia di Arjen Lucassen) è infatti incentrata su un unico concept ambientato nel futuro. Qualcuno ci ha scritto già una wikia su fandom: la trovate qui Story Overview | The Mechina Wiki | Fandom. Ora, non è aggiornatissima e gli eventi di Siege non sono stati aggiunti alla pagina del plot “totale”. In ogni caso, essi, seguono giustamente quelli di “Telesterion” e parlano dell’assedio del pianeta Acheron (le cui sorti erano state narrate nell’album omonimo del 2015). Insomma, un gran bel casino, ma un casino che ci piace.
Ancora qualcosa da dire? Sicuramente viene da menzionare la copertina, purtroppo in negativo. In effetti i Mechina sono sempre stati maestri nel scegliersi degli starni artwork a tema fantascientifico e con colori chiassosissimi. Il gioco ha sempre funzionato ed ha anche dato solidità al continuum terminator-battlestargalattico dei nostri. Questo fino ad oggi, perché la copertina di “Siege” è un autentico pugno in un occhio.
Ma siamo qui a parlar di musica, e la musica sa il fatto suo. “Siege” è la continuazione solida di una discografia solida e i Mechina restano una delle voci più affascinanti – e sottovalutate – del panorama metal attuale. Anche per questo abbiamo deciso di recuperare questa uscita, sebbene l’album sia nell’etere da un po’.