Recensione: Silent Tear

Di Riccardo Angelini - 6 Ottobre 2005 - 0:00
Silent Tear
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Anno: 2005
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60

A un solo anno dalla nascita ecco il primo demo per il giovanissimo sestetto capitolino Night Silence. La prima produzione della band, risalente a luglio 2005, si presenta come un “metal melodico con influenze progressive e heavy”. Una definizione che, dopo un attento ascolto, andrebbe riformulata come “metal progressivo con influenze heavy”. La band si dimostra infatti subito intraprendente nel avventurarsi tra costruzioni complesse e mai banali, sfoggiando una preparazione tecnica degna di nota soprattutto in proporzione all’età dei musicisti, tuttavia – qui il vero problema – non sempre accompagnata da un’adeguata capacità di coinvolgere. L’indagine sulle cause conduce a una certa debolezza delle melodie, in più occasioni sacrificate in nome di arrangiamenti ricercati: una scelta che non sempre dà i frutti sperati. Ma veniamo al dettaglio.

La prima impressione non è esattamente positiva: pessimi i suoni da tastiera amatoriale che sopraggiungono dopo una trentina di secondi in Close to Death, fortunatamente abbandonati in breve tempo, in favore di sonorità più corali di matrice Symphony X. Le melodie vocali si distinguono per una timbrica interessante e, salvo occasionali sbavature, una discreta padronanza tecnica, ma non sempre riescono a essere comunicative come dovrebbero. Forse un tono meno pulito ma più sincero avrebbe potuto lasciare un’impronta più profonda. I riff massicci delle chitarre denotano una buona tecnica, così come i frequenti assoli di tastiera, ma non sempre i suoni scelti appaiano quelli ottimali. Altalenante il discorso riguardo al songwriting: da un lato infatti la traccia rivela una costruzione attenta e coraggiosa accompagnata da un’ammirevole destrezza esecutiva, dall’altro il livello di coinvolgimento non conosce picchi di particolare enfasi, e certe forzature vocali provano ma non riescono a far mutare opinione.
Illusion cerca di recuperare qualche buona melodia contrapponendola a sezioni più aggressive, ma alla lunga il brano perde di mordente: la sezione ritmica in particolare tende a tratti ad abbandonarsi a divagazioni un po’ disorganiche che una produzione (com’è comprensibile) poco nitida non aiuta certo ad apprezzare. Forse un suono più solido e quadrato avrebbe aiutato a mettere ordine nella struttura del brano, apprezzabilmente intricata ma alla lunga troppo dispersiva.
Sufficienza piena invece per la title-track Silent Tear. Buono l’accompagnamento delle tastiere su riff di marca vagamente turilliana che forse sanno un po’ di già sentito ma che finalmente trascinano il brano con autorità. Intelligenti i rallentamenti che spezzano le occasionali cavalcate in doppia cassa, con un basso che finalmente si ritaglia un meritato spazio personale. Del tutto positivo, almeno in questo caso, anche il lato interpretativo delle melodie vocali, sebbene l’acuto ostentato intorno ai cinque primi appaia un’evitabile forzatura poco utile all’economia del brano.
C’è da dire che una durata media superiore ai sette minuti pare un progetto ancora troppo ambizioso per una band sì preparata ma ancora in cerca della migliore ispirazione nella fase di composizione. Ne è conferma la modesta Guilty, che prova a districarsi in una selva ritmica ancora una volta fin troppo intricata, tanto che chitarre e tastiere talora sembrano intenzionate a percorrere sentieri alternativi. Questa volta poi le melodie vocali, oltre che poco ispirate, appiano meno solide che in precedenza, e un imbarazzante acuto strozzato pare la conferma del netto calo qualitativo. L’indice di gradimento è tuttavia risollevato da un buon riffing e da un paio di ascolti discreti, ma nuovamente la durata del brano pare troppo elevata rispetto al suo effettivo contenuto.

Di sicuro una band tanto giovane – eccezion fatta per il singer ventunenne, tutti i membri sono da poco o non ancora maggiorenni – ha davanti a sé ampi margini di miglioramento. Non è certo la tecnica il tallone d’Achille del combo romano, ma piuttosto l’organicità dei brani. La voglia di osare e di dimostrare la propria abilità rischia infatti di rivelarsi un’arma a doppio taglio, e le composizioni finiscono talvolta per pagare a livello melodico le evoluzioni strumentali. Sarà in futuro necessario cementare l’amalgama tra i membri del gruppo e definire meglio gli orizzonti musicali della band. Per ora tuttavia ci si può accontentare di valorizzare i lati positivi – su tutti la padronanza strumentale e l’ambizione delle composizioni – senza accanirsi troppo sulle pecche. Alle quali, sia chiaro, bisognerà comunque porre in qualche modo rimedio.

Tracklist:
1. Close to Death (5:35)
2. Illusion (7:27)
3. Silent Tear (7:03)
4. Guilty (7:45)

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