Recensione: Simple Mind Condition e Plastic Green Head [Reissue]
Di tutti i figli (degeneri e non) del verbo metallico Black Sabbath, i Trouble di Chicago sono fra i più illustri, sia per qualità espressa che per peso specifico all’interno della scena HM mondiale. Nascono alla fine degli anni Settanta e sei sono gli album che vengono pubblicati dal 1984 al 1995, poi un periodo di oblio: dei Nostri si perdono le tracce fatta parziale eccezione per alcuni dei componenti che entrano a far parte di diversi side project. Per gli amanti del Doom i primi quattro loro lavori costituiscono delle perle assolute, da Manic Frustration del 1992 in poi la proposta degli americani si diversifica, virando verso lo Stoner con ammiccamenti alla psichedelia. Il 2007 segna il ritorno, peraltro inatteso, del combo dell’Illinois, dopo dodici anni, con ben 4/5 della formazione originale dei primi due dischi e un album nuovo di zecca: Simple Mind Condition. La line-up prevede, oltre agli storici Eric Wagner (voce), Bruce Franklin/ Rick Wartell (chitarre), Jeff Olson (batteria), il nuovo Chuck Robinson al basso. L’occasione di tornare a parlare dei Trouble la fornisce l’etichetta olandese Hammerheart Records, che in una botta sola ha da poco licenziato sul mercato Simple Mind Condition in versione remaster a due Cd, con il secondo a mo’ di bonus, registrato in occasione della loro reunion del novembre 2003: Greatest Hits Live in Stockholm 2003. A fare il paio l’altra ristampa di Plastic Green Head, del 1995, anch’esso rimasterizzato. Entrambe le uscite vedono la luce in modalità slipcase e libretto accompagnatorio di dodici pagine, con tutti i testi, foto e disegni a tema. In buona sostanza gli ultimi due dischi dei Trouble registrati con il grande Eric Wagner alla voce, poi purtroppo mancato a causa del Covid-19 il 22 agosto del 2021 a soli 62 anni.
Tornando a Simple Mind Condition si parte alla grande con “Goin’Home”, sostenuta da chitarroni à la Black Sabbath che fanno capolino nello Stoner. “Mindbender” è oscura al punto giusto, così come all’interno di “Pictures of Life” è ancora il gruppo di Tony Iommi ad aleggiare sui Nostri. In “Trouble Maker” certo hard rock si fonde nel classico Doom, con la voce acida di Eric Wagner a dominare dall’alto del suo carisma. La title track riporta ai momenti maggiormente psichedelici della storia dei Trouble ma è “The Beginning of Sorrows”, posta in chiusura, l’assoluto highlight di Simple Mind Condition: un brano d’atmosfera d’alta scuola, dove il cantato malinconico del singer riporta a spettri del passato, ovvero quando i Nostri facevano tremare i benpensanti americani negli Eighties. Il resto dei pezzi vive di alti e bassi, segnando qualche battuta a vuoto che rende Simple Mind Condition un disco certamente interessante ma con qualche ombra. Da segnalare la presenza di “Ride the Sky”, cover dei Lucifer’s Friend, a ribadire da dove i Trouble sono partiti, nel ’79.
Facendo un salto all’indietro, per quanto afferente l’altra ristampa griffata Hammerheart, Plastic Green Head del 1995 a suo tempo costituì un album carico di attese, proprio perché conseguente a Manic Frustration, il disco che segnò la svolta all’interno della parabola artistica del combo dell’Illinois. Si rivelò un lavoro dalle molteplici sfaccettature, con richiami ai vecchi Trouble e diversificazioni assimilabili al predecessore. Massiccio ma interlocutorio, inesorabilmente. A parte le cover di The Beatles (Tomorrow Never Knows) e Monkees (Porpoise Song) vanno senza ombra di dubbio segnalate la title track, “The Eye” e la psichedelica “Flowers”. A significare quanto Plastic fu un album tribolato, figlio della tensione fra alcuni membri della band, la presenza di un paio di brani quali “Opium-Eater” e “Hear The Earth”.
I Trouble, viceversa, fanno i Trouble lungo il 76 minuti di Live In Stockholm: all’interno del dischetto ottico bonus Cd di Simple Mind Condition i primi cinque album fanno man bassa della tracklist, null’altro da aggiungere per i cultori.
Al cospetto di molte uscite stereotipate di oggi le reissue di Simple Mind Condition e Plastic Green Head possiedono comunque un loro fascino, essendo dischi caratterizzati, che ancora fanno discutere, divisivi ma affascinanti, proprio come i loro autori, i sinistri Trouble…
Stefano “Steven Rich” Ricetti