Recensione: Six Waves Of Woe
I Forest Of Shadows, creatura di Niclas Frohagen, sono senz’altro uno dei progetti doom che più hanno segnato la storia recente di questo genere: a fronte di una discografia piuttosto esigua, i consensi che tale act è stato in grado di riscuotere sono decisamente considerevoli. Le prime testimonianze dei Forest Of Shadows, ossia i demo Under The Dying Sun e Promotion CD, e l’EP Where Dreams Turn To Dust, rientrano di diritto fra le migliori produzioni doom di sempre: ai tempi, i Forest Of Shadows proponevano del death-doom dall’eleganza e raffinatezza incredibili, contraddistinto da melodie coinvolgenti, interventi di pianoforte, di violino e di flauto, ed un perfetto alternarsi fra voce pulita e growl. Il full-length Departure, invece, rappresentò un deciso cambio di direzione: anzicchè capitalizzare le qualità evidenziate in precedenza, Niclas rinunciò ad un capolavoro annunciato per tentare una strada più originale e più innovativa. Messo da parte il sound più tipicamente death-doom degli esordi, Departure era giocato su atmosfere più soffuse e minimali, il cui punto di forza era il sapiente contrasto fra la dolcezza dei frangenti più tranquilli, e la potenza emotiva di quelli più violenti. Un cambio di rotta notevole, che tuttavia si rivelò vincente: la maggior parte degli appassionati dimostrò di apprezzare la nuova direzione intrapresa dai Forest Of Shadows. Il nuovo arrivato Six Waves Of Woe continua a battere la stessa strada di Departure, ma purtroppo i risultati non sono altrettanto brillanti.
Guardando il minutaggio dell’album, ciò che salta agli occhi è che ora le canzoni sono molto più brevi: nessuna traccia supera i dieci minuti, il che rende l’ascolto più compatto e accessibile rispetto a Departure. Ciò che invece salta immediatamente all’orecchio è la scarsa qualità della produzione. Il sound, rispetto alla generale pulizia che caratterizzava il precedente disco, si è fatto più rumoroso, più sporco, a tratti addirittura zanzaroso nei frangenti più caotici. Suoni del genere sarebbero stati appropriati se avessimo avuto a che fare con del death-doom grezzo e diretto, ma poco si addicono ad un gruppo che vorrebbe essere elegante e decadente. L’aspetto più irritante, però, è la poca rilevanza che è stata data alla voce nel mix: è talmente bassa che, specialmente durante il growl, a volte si fa fatica a distinguerla dagli strumenti. Intendiamoci, l’album è tutt’altro che inascoltabile, ma peggioramenti del genere appaiono inspiegabili, soprattutto alla luce dell’ottimo lavoro svolto in questo compartimento sia su Departure che sull’ EP e sui demo.
A livello compositivo, ci sono poche novità da segnalare, ed è qui il principale limite di Six Waves Of Woe: l’essere troppo simile al suo predecessore. Le canzoni sono ancora tutte giocate sull’alternanza di sezioni calme e sezioni pesanti (queste ultime presenti in dosi minori, adesso), ma è una formula che può funzionare fino ad un certo punto, e che non può essere ripetuta all’infinito. Le belle melodie non mancano, così come non mancano soprese interessanti come azzeccati intermezzi acustici e qualche accelerazione qui e lì, ma ciò non è sufficiente per scrollarsi di dosso la sensazione di “già sentito”. Gli episodi più riusciti del lotto sono Self Destructive, Moments In Solitude, e Pernicious, per via della loro struttura più intrigante e varia; ciononostante, probabilmente serviranno diversi ascolti per riuscire a distinguere una traccia dall’altra. E, per un gruppo che in passato è stato in grado di comporre, in ambito doom metal, alcune fra le canzoni più memorabili degli ultimi anni, è un deciso passo indietro.
Insomma, obiettivo centrato a metà per il buon Niclas: fossilizzarsi sullo stesso stile di Departure non è stata una mossa troppo azzeccata, poichè ha portato ad una pedissequa riproposizione, in formato “ridotto”, di soluzioni ormai datate. Six Waves Of Woe non è assolutamente un brutto album: le canzoni sono più che gradevoli, e sono sicuro che non pochi estimatori del gruppo potranno restare soddisfatti per ciò che il platter ha da offrire. Six Waves Of Woe, però, non è ciò che sarebbe stato lecito aspettarsi da chi, in passato, ha dimostrato di saper fare molto di più; i Forest Of Shadows stavolta sono “rimandati a settembre”, per usare un gergo scolastico ormai antiquato. A questo giro Niclas non si è fatto valere come avrebbe potuto, il prossimo album dunque sarà il banco di prova decisivo per determinare il futuro del progetto; il ragazzo, però, come ben sappiamo, ha capacità da vendere, e sono fiducioso che la prossima volta saprà di nuovo stupirci.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – Submission (06:47)
2 – Self Destructive (08:11) (mp3)
3 – Detached (07:08)
4 – Moments In Solitude (09:39)
5 – Pernicious (05:43)
6 – Deprived (10:28)