Recensione: Skyscraper
Nel 1991 usciva sul mercato l’omonimo debutto dei Tall Stories, piccola gemma capace di far risplendere ancora una volta una scena melodic rock che piano piano scivolava, come molte altre correnti, all’ombra dell’imponente movimento grunge.
L’occhio della critica, e delle giovani generazioni del tempo, si voltava anche alla più valida delle release, concentrato come era sull’impatto che Nirvana e Pearl Jam avevano sulla piazza.
Tall Stories morti e sepolti dunque? Certo, ma ora, a 18 anni di distanza, resuscitati sull’onda di un revival capace di subissare la marea di album più o meno scadenti che riempiono per tre quarti l’attuale, più che inflazionato, mercato discografico mondiale.
Ecco allora qui “Skyscraper”, seconda chance della carriera. La band sembra proprio aver voluto lanciare una sfida. Il momento storico così povero d’artisti capaci di lasciare il segno ripetto a un tempo, la voglia di riscatto e una label vincente, sembrano aprire orizzonti importanti a questo gruppo che vede dietro al microfono Steve Augeri.
Per chi non lo sapesse, dopo il flop del 1991 l’artista cambiò aria prendendo posto prima nei Tyketto, accasandosi poi sulla west coast californiana con gli storici melodic rockers Journey. Nomi altisonanti che costituiscono un biglietto da visita importante e su cui pochi non scommetterebbero.
Come detto, tanti sono gli anni che intercorrono tra questi due album e, come altrettanto si può intuire, questo “Skyscraper” si discosta molto dall’AOR degli esordi.
Il disco annovera sonorità molto più affini all’hard rock classico stile Extreme e non di rado strizza l’occhio a quell’hair metal che tanto successo riscontrò proprio a cavallo tra anni ottanta e novanta. Il gruppo elabora cioè un songwriting incisivo, ricco di spunti che vanno da un hard rock diretto e senza fronzoli al rock anni settanta passando per qualche richiamo grunge piuttosto che blues, come dimostra la brillante e raffinata “Superman” (bonus track per la sola release europea del disco).
Analizzando ancora di più il songwriting, si evince che la peculiarità di maggior pregio dell’intero capitolo è la spontaneità dei musicisti, concretizzata spesso in un suono caldo e pulsante, rimando alla memoria storica di un sound che identificava nei Led Zeppelin i suoi maestri incontrastati.
Il suono confezionato riesce a non conformarsi ad alcuna uscita o movimento contemporaneo, sperimentando e reinterpretando gli stili che hanno fatto storia.
Il risultato complessivo è un collage di canzoni varie, in cui si coglie tutta la naturalezza con cui sono state affiancate. Le sonorità sono caratterizzate da acustici di chitarra, armonie dal flavour street, distorsioni veraci, ritmiche belle rocciose e un cantato in grado di graffiare come di ammaliare, degno di un Augeri in splendida forma che si rifà allo stesso Robert Plant e, non di rado, sembra rivivere la passione con cui Steve Lee dei Gotthard riesce a cantare i pezzi più intensi e passionali del suo repertorio.
“Skyscraper” nasce quindi sotto la stella del buon gusto, forse quello che la sana musica rock è sempre stata capace di dare. Il tutto condito da un briciolo d’imprevedibilità che rende il prodotto particolare e ricercato, forse a tratti “strano”, ma molto accattivante e godibile. Imprevedibilità ben interpretata facendo uso del bagaglio tecnico di cui sono dotati i compagni di line up.
In particolare, le ritmiche si presentano puntuali e spiccatamente groovy, grazie anche a delle linee di basso che, per mano di Kevin Totoian, conferiscono notevole potenza.
I soli, centellinati e spogliati da ogni orpello superfluo, si collocano con moderazione all’interno delle strutture dei pezzi. Tale contenuto “dosaggio”, permette all’ascoltatore di concentrarsi sulla scintilla che ha infiammato le idee dei musicisti ovvero sull’aspetto più caldo delle strutture ideate. Vero è che tale carenza non appesantisce un songwriting (già moderatamente elaborato), ma, ad ascolti avvenuti, un po’ d’amaro in bocca rimane e viene da pensare che qualche assolo in più di certo non avrebbe guastato.
La produzione, operata dallo stesso chitarrista del gruppo, Jack Morer, appare in grado di far risaltare la schiettezza delle linee compositive adottate anche se, a voler cercare il pelo nell’uovo, dei bassi maggiormente incisivi avrebbero evidenziato con più decisione lo spessore dei pezzi.
“Skyscraper” potrà apparirvi leggermente sperimentale, per certi versi molto eterogeno, ma la ricchezza di contenuti che lo contraddistingue vi farà assaporare cinquanta minuti di vero ed autentico, rock, questo è indubbio.
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Tracklist:
01. Tomorrow
02. Clementine
03. Original Sin
04. All Of The World
05. Pictures Of Summer
06. River Rise
07. No Justice
08. Eternal Light
09. Stay
10. You Shall Be Free
11. Superman
Line Up:
Steve Augeri – Voce
Jack Morer – Chitarra
Kevin Totoian – Basso
Tom DeFaria – Batteria