Recensione: Slaves Of The System

Di Luca Palmieri - 22 Gennaio 2008 - 0:00
Slaves Of The System
Band: 7th Floor
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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75

Il progetto “7th Floor” nasce tra le anse della costiera amalfitana nei primi mesi del 2005 per volontà di Gennaro Crivelli, con la partecipazione di Brian Cowan, Gianpaolo Cretella ed Emanuele Amatruda. Dopo poco tempo la band si sentì già pronta per pubblicare un demo, “Welcome To My Endless Land”, datato marzo 2006. Grazie al discreto successo che ebbe questo dischetto, la band si ritrovò a suonare a svariati contest con prestazioni convincenti che furono ben accolte dalla critica. Spinti dalle richieste del manipolo di fan che cresceva nell’ambiente della regione campana, la band decise di chiudersi in studio e produrre un vero e proprio disco, che è l’oggetto di questa recensione, cioè “Slaves of the system“. Le tematiche, che già si desumono dal titolo, rispecchiano a fondo la filosofia del gruppo, mostrandosi come vere provocazioni che invitano a riflettere sul sistema sociale che i “potenti” cercano di imporre e che contamina giorno dopo giorno la vita di tutti noi. Un tema di certo non originalissimo, ma bisogna dar credito a questi giovani di volersi impegnare in liriche che siano lontane dal pressapochismo e dai futili proclami pro-metal epici, certo, ma poco realistici.

Ma veniamo ad una analisi più attenta del disco: l’artwork è perfettamente in linea con le tematiche, realizzato con grafica digitale e raffigurante cinque pupazzi incatenati in una landa desolata. Le tracce, registrate presso gli “Zork Studios” di Salerno, sono di buona qualità, certo è che una maggiore attenzione alla fase di mastering avrebbe giovato ulteriormente ad un sound già discreto, ma distante dagli standard di questi anni.

I brani del dischetto sono sette, tra i quali brillano senza dubbio la opener “Heaven’s falling down to Earth“, “Change my life again“, la title-track e la ballad “The darkest place in my mind“.

Il sound della band è un connubio ben riuscito di ritmiche hard rock mescolate con influenze che rimbalzano dall’heavy classico di scuola Judas Priest fino a passaggi blueseggianti, ben presenti nella traccia “Let’s take off your disguise“. Gli assoli, scritti da Brian e presenti in abbondanza, sono ben fatti e studiati, mai fuori posto, e molto evocativi. Il drumming di Emanuele è molto buono, con frequenti accelerazioni e assai preciso. Nota leggermente negativa per Gianpaolo, poco incisivo al basso, probabilmente anche a causa di una cattivo lavoro di mastering. La voce di Gennaro molto spesso rimanda al timbro dell’ex Maiden Blaze Bailey, la prestazione è efficace ma sporcata in alcuni punti da una pronuncia con uno spiccato accento italiano. I cori sono presenti, ma anche per quelli ci sarebbe voluto un maggior lavoro in sede di produzione.

In definitiva, un dischetto che farà felici gli appassionati dell’hard ‘n heavy e che riserverà sorprese ai nostalgici dei Lynyrd Skynyrd (anche se, come ripeto, il sound è più pesante) e a coloro che hanno apprezzato l’ultimo lavoro degli W.A.S.P.

In bocca al lupo ai 7th Floor!

Luca “Nikeboyz” Palmieri

Tracklist:
1. Heaven’s falling down to Earth
2. Change my life again
3. Slaves of the system
4. The darkest place in my mind
5. Let’s take off your disguise
6. Someone hear my call
7. Battle in my mind

Contatti:
http://www.myspace.com/7thfloor
metalnik@hotmail.it

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