Recensione: Sleepless Empire

14 febbraio 2025: una data importantissima, da segnare in rosso sul calendario. E non ci riferiamo alla ricorrenza di San Valentino, alla festa degli innamorati. No, la nostra attenzione è rivolta a un qualcosa che riguarda la musica dura, italiana e internazionale. Sì, perché il 14 febbraio 2025 è il giorno in cui “Sleepless Empire”, decimo lavoro dei Lacuna Coil, vede finalmente la luce. E quando vengono nominati i Lacuna Coil tutto si deve fermare: stiamo parlando della più importante metal band italiana, un gruppo nato a Milano, nella metà degli anni Novanta, che ha saputo imporsi in tutto il globo terracqueo.
I Lacuna Coil, d’altronde, sono diventati un’autentica istituzione, hanno conquistato sia il Nuovo che il Vecchio Mondo. E se citassimo l’affermazione “nemo propheta in patria”, beh, rappresenterebbero l’eccezione che conferma la regola: le orde di seguaci presenti nel Bel Paese, incantati dalle musiche di Cristina e compagni, sono sotto gli occhi di tutti. È quindi normale che l’annuncio di una nuova uscita discografica griffata Lacuna Coil riempia di adrenalina tantissimi appassionati e addetti ai lavori. Le aspettative su “Sleepless Empire” diventano così elevatissime, inutile nasconderlo. E con una discografia costellata di gemme, come quella dei Lacuna Coil, non potrebbe essere altrimenti. La carriera della formazione meneghina parla chiaro: è caratterizzata da una crescita e un’evoluzione continua. Nella loro storia, insomma, i Lacuna Coil hanno saputo dare libero sfogo alla propria visione artistica, sfoggiando un’ispirazione che sembra imperitura. È quindi con grande curiosità che iniziamo il nostro viaggio alla scoperta di “Sleepless Empire”.
La prima cosa a balzare all’attenzione durante l’ascolto di “Sleepless Empire” è senza ombra di dubbio la produzione. I suoni risultato potenti e curati, grossi come macigni. Si presentano ben amalgamati, riuscendo a valorizzare ogni singolo strumento. Diciamo che vi è stata una maggiore attenzione rispetto al precedente “Black Anima”, in cui proprio la produzione risultava un aspetto migliorabile del disco.
Entrando nel dettaglio di “Sleepless Empire”, possiamo dire che i Lacuna Coil continuano nel percorso di appesantimento del proprio sound, iniziato con lo splendido “Broken Crown Halo”. “Sleepless Empire” si presenta come un album massiccio, caratterizzato da delle strofe pesanti, abrasive, a tratti dirette e in your face. Un aspetto ben rappresentato dal singolo ‘Hosting the Shadow’, in cui incontriamo Randy Blythe in veste di ospite. A far da contraltare alla pesantezza delle strofe, ci pensano poi dei ritornelli ricercati e carichi di melodia, che sanno fare centro a partire dal primo ascolto. Sia chiaro: le melodie sono Lacuna Coil al cento per cento, risultano quindi cupe, malinconiche e coinvolgenti. In poche parole: sono dannatamente efficaci. Da sottolineare, poi, come le voci di Cristina Scabbia e Andrea Ferro si siano ormai definite nella contrapposizione luce-oscurità. Da un lato incontriamo il cavernoso growl di Andrea, a rappresentare il lato buio dei Lacuna Coil, dall’altro l’angelica voce di Cristina, a impersonare il lato solare della formazione milanese. Una luce particolare quella espressa da Cristina, in quanto i suoi raggi e il suo calore sono intrisi di malinconia, sofferenza, rabbia. È come se i mali di una società sempre più dissoluta – come viene ben espresso nei testi di “Sleeples Empire” – ne avessero offuscato l’intensità, facendo venire meno la speranza.
“Sleepless Empire”, inoltre, colpisce per la sua eterogeneità. Sappiamo che la composizione dell’album è stata interrotta dal desiderio della band di ri-registrare il classico “Comalies”. Pubblicato “Comalies XX”, i Lacuna Coil hanno poi completato il processo di scrittura di “Sleepless Empire”. Beh, sembra quasi che il contatto della band con la propria anima primigenia abbia influenzato il nuovo lavoro. Sì, perché nella scelta di alcuni arrangiamenti e melodie lo spirito di “Comalies” sembra fare capolino, mescolandosi alla dimensione modern metal che caratterizza la compagine italiana. È questo il caso della splendida ‘In Nomine Patris’, l’emozionante title track o l’accattivante singolo ‘Gravity’. Da segnalare, poi, l’ottimo lavoro delle tastiere, che si muovono sotto traccia, si fanno scoprire un poco alla volta, ma risultano fondamentali per l’economia del disco. In questo modo, “Sleepless Empire” si rivela estremamente vario e carico di pathos. Un disco che va vissuto tutto d’un fiato, lasciandosi trasportare dalle emozioni che è in grado di generare. Un lavoro che sa entrare in contatto con l’io profondo dell’ascoltatore.
“Sleepless Empire” offre una qualità elevatissima, in tutti i suoi quarantasette minuti di durata. L’apice viene però toccato nella parte centrale, che dona uno slancio incredibile all’album, permettendo a “Sleepless Empire” di raggiungere vette ragguardevoli, in particolare per il coinvolgimento emotivo. D’altronde, se puoi contare su pezzi come ‘I Wish You Were Dead’ – che dal vivo è destinata a radere al suolo qualsiasi cosa – l’avvincente e ipnotica ‘Never Dawn’, oltre alle già citate ‘Hosting the Shadows’, ‘In Nomine Patris’ e ‘Sleepless Empire’, eh, hai inanellato una serie inarrestabili di nuovi classici. Ci soffermiamo, poi, sulla qualità testi, che risultano carichi di contenuti, pronti ad analizzare la società, descrivendone le contraddizioni, toccando con mano le sofferenze interiori dell’essere umano. Su tutte, citiamo le liriche della title track, che ben approfondiscono il mondo contemporaneo, iperconnesso e schiavo di algoritmi, in cui gli individui si ritrovano a vivere con frenesia ogni singolo istante, il tutto per un pizzico di attenzione in più.
Cos’altro aggiungere su “Sleepless Empire”? Beh, che ci troviamo al cospetto dell’ennesima perla griffata Lacuna Coil. La decima fatica della compagine meneghina è un disco riuscitissimo, carico di pathos, senza cali di tensione. Un lavoro caratterizzato da canzoni coinvolgenti, trascinanti, che dal vivo potrebbero rendere ancor di più. Prepariamoci, quindi: i Lacuna Coil sono tornati e questa volta non sono qui per fare prigionieri. Chapeau.
Marco Donè