Recensione: Slow, Deep and Hard
Nel 1991 nasceva dalle ceneri dei Carnivore, ma soprattutto dalla mente malata di Peter Steele (che nei Carnivore si presentava come Count Perovick)questo album molto particolare fin dalle presentazioni in quanto il gruppo si firma solo con l’iniziale dei nomi (quindi P.,K.,J. e S. ) ed aggiunge delle “particolarità” ai consueti ruoli : ad esempio “P.: vox, bass, hammer and axe,bulldozer, frontend loader and steamroller, all fire and wolves, autumn,green, dusk, lunar phase, iron, 8, anger, emerald, north, Druid”.
In ogni caso il gruppo risente moltissimo della scena Newyorchese hard core e death anni ’80 (tratti salienti del precedente gruppo di Steele), ma infarcita di sonorità divenute familiari e trademark del gruppo.
Formazione originale :
Peter Steele al basso, voce, compositore e paroliere, Josh Silver alle tastiere, cori e arrangiatore, Sal Abbruscato alla batteria (che li lascerà per i Life of Agony dopo Bloody kisses), Kenny Hickey chitarre e cori.
Prima canzone “Unsuccessfully coping with the natural beauty of infidelity” : molto lunga (oltre dodici minuti) dove il gruppo da prima sfogo alla rabbia per poi passare ad alcuni passaggi tipici dei ToN ed è “dedicata”alla ex di Peter Steele con tanto di ingiurie di vario tipo alla malcapitata; potete comunque vederla in copertina, anche se è solo un particolare di lei e di lui (trucco: cercate la foto di copertina a definizione piuttosto alta,sostituite al verde le tonalità di rosa che si addicono di più, troverete parte del busto di Peter, parte del pene e le gambe aperte di lei). Musicalmente è un mix di brutalità (certo per quello che era il periodo) in doppia cassa, distorsione sia alla chitarra che al basso e arpeggi sinuosi e calmi, misti alle tastiere che danno una marcia in più all’arpeggio sopraccitato. Nota di colore: durante lo stacco calmo c’è il Bensonhoist Lesbian Choir (BLC) che da sfoggio delle proprie capacità corali (anche qui c’è uno scherzo dietro al monicker del coro, ma per ora non lo svelo magari la prossima volta). Finale in dissolvenza con tanto di applausi registarti ad un loro concerto.
La seconda canzone “Der Untermensch”, anch’essa piuttosto lunghina, si presenta con suoni ripetitivi accompagnati prima dalla saturazione di uno strumento (presumibilmente il basso) poi sostituito dal basso stesso, seguito in fine dal resto del gruppo. In questa traccia si notano i primi tentativi di unire il grezzo suono Carnivore a qualche cosa di più sottile ed ossessivo: questo connubio termina momentaneamente dando sfogo ad una canzone molto hard core sulla linea degli Agnostic front, anche se a più riprese “rientra” in quei suoni trovati in principio di canzone quasi a fare un’altalena tra il “nuovo” e il “vecchio” suono. Testo assolutamente irriverente ed irritante (Steele imparerà col tempo ad affinare le armi per le sue crociate personali).
La traccia successiva è “Xero tollerance” l’incipit dato da un flessibile che smeriglia un pezzo di ferro e la voce cavernosa di Steele. Anche qui la canzone è veloce e Peter non usa mezzi termini e grida (come del resto fa in tutto il cd eccezion fatta per alcuni stacchi) il testo e un’insensata serie di minacce, con l’organo che sancisce una specie di rituale; da notare che qui la canzone rallenta bruscamente ai limiti del “doom” alla Tergothon o Thy Sinister Bloom. Finito questo “sacrificio rituale” c’è una parte movimentata e quasi allegra (a livello musicale, non certo sul piano del testo) con finale piuttosto inquietante che ricorda un film alla Romero: un arpeggio seguito da una serie di colpi ripetuti (non capisco se è un “inchiodare” o uno “zoppicare” su qualche lastra di legno).
“Prelude to agony” la successiva ha un’intro molto lento di chitarra e basso lievemente effettati ed un pizzico di tastiere (giusto per dare un tappeto sonoro di contorno). Incredibilmente vicina a quello che è il doom dei gruppi poc’anzi nominati almeno per i primi due minuti, in seguito si trasforma in una strana mistura tra suoni molto sabbathiani, vecchi Carnivore per la parte di cantato “gridato” ed i Type o negative di Bloody kisses per le parti atmosferiche ed il cantato pulito e cavernoso. Verso il nono minuto un assolo di chitarra molto curato e eseguito in maniera magistrale; intrusioni di suoni campionati quali martelli pneumatici che bucano l’asfalto ed urla di dolore da parte di donne.
La quinta traccia “Glass walls of limbo (dance mix)” è una delle più allucinanti in assoluto che io abbia mai sentito dal quartetto di New York.
Non è altro che un sample di molti vetri rotti ripetuto per più di sei minuti, accompagnato da cori molto simili a quelli gregoriani e da brevi grida:semplicemente assurdo!
Penultima traccia “the misinterpretation of silence and its disastrous consequences” poco più di un minuto di silenzio, non c’è altro da aggiungere.
Ultima canzone “Gravitational constant:G=6.67*10¯8 cm¯³gm¯1sec¯²” capisco che non sia di facile interpretazione la formula (magari non è nemmeno giusta) io l’ho scritta come meglio ho potuto, in ogni caso i numeri dopo il meno sono tutti fattori a cui bisogna elevare il numero e/o standard misurativi. Mid tempo interessante che da i presupposti per quello che saranno i ToN negli altri album, diciamo la più vicina al ToN sound che molti conoscono.
Un album di non facilissima digeribilità, in ogni caso va preso con le molle e con le dovute precauzioni, ricordando che Steele e soci non sono mai stati intenzionati a restar fedeli ad un genere e ad una scena specifici.