Recensione: Sodomy in the Convent
Gli Angriff sono partiti dal Portogallo nel 1998 come quartetto, il loro primo album, ‘War of Life’ del 2001, mostra invece una lineup di cinque elementi, mentre nel secondo, ‘Under the Decadence’ del 2006, i musicisti sono diventati tre.
Nel 2010 tornano ad essere quattro e producono l’EP ‘Art of Aggression’, ma della formazione originale rimane solo il bassista Josè Rocha.
Poi silenzio per oltre dieci anni.
Ora il ritorno, anticipato da un paio di singoli: ‘Sodomy in the Convent’ è il nuovo album, disponibile dal 25 gennaio 2021 via Firecum Records.
E la band? Cinque, quattro … quanti musicisti a ‘sto giro? Solo due: il sempiterno Josè Rocha, che si è occupato di tutti gli strumenti, e OJ Laranjo, che aveva già fatto parte degli Angriff dal 2004 al 2007 presenziando al già citato secondo lavoro, alla voce.
Cosa dire … pochi ma buoni? Si, abbastanza direi. ‘Sodomy in the Convent’ è un concentrato di Thrash anni ’80, suonato bene, con grinta e con la giusta rabbia, in modo diretto e senza mandarla a dire.
Togliamoci subito il dente: è la voce che non convince. OJ non è male, ma il suo perenne tono accusatorio, rivolto essenzialmente contro il fanatismo religioso (tema portante dell’album), per quanto incisivo e determinato, fa si che, alla fine, canti un po’ tutto alla stessa maniera, dando un senso di omogeneità all’album che non è il massimo.
Nonostante questo e nonostante l’originalità non faccia parte degli Angriff (ma si può supporre che neanche la ricerchino) i momenti interessanti ci sono, come ‘Asmodeus’, ‘Savage Deeds (The quest of Ladislav Hojer)’ e ‘The Baron of Doom’ che sono, effettivamente, delle belle canzoni, di quelle che, senza nulla pretendere, fanno salire il tasso di adrenalina in pochi attimi.
‘Sodomy in the Convent’ è scorrevole ed orecchiabile; è permeato da un’atmosfera scura e gravosa, ma è anche detonante e dinamico. Ci vorrebbe più personalità però, altrimenti il valore di questo duo rischia di disperdersi in mezzo ai tanti. Sarà per la prossima volta.
Si segnala che l’assolo di ‘No Saviours No Gods’ è eseguito dall’ex W.A.S.P. Chris Holmes, mentre l’ex compagno di squadra António Baptista (negli Angriff nel 2010) ha fatto brillare la sua chitarra per le parti soliste di ‘Sodomy in the Convent’ e ‘Acolytes of Hardship’.
L’album è stato registrato presso i Metalpoint e gli Hanuman Studio ed è stato prodotto, mixato e masterizzato da Bruno Silva.
La cover e l’artwork sono opera di lmeida Alma.
Concludendo, ‘Sodomy in the Convent’ è un album che non esce dagli schemi neanche a piangere, ma va bene così. E’ un lavoro onesto e genuino e questo lima tante sbavature. Giudizio più che sufficiente ed attendiamo il prossimo lavoro.
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