Recensione: Sol Invicto
Formatisi a Guadalajara, Spagna, con il moniker Sadistic, i Vultus hanno trovato nuova linfa trasferendosi in Germania, cambiando pure il loro nome. “Sol Invicto” è il debut-album, dato alle stampe appena dopo questo importante cambio di vita.
Il disco dura poco, appena ventisei minuti, ma abbastanza per farsene un’idea. Il genere è il death metal, anche se, arditamente, le note biografiche parlano di black heavy metal (?). Definizioni a parte, il duo composto da Samuel Guimeràns (voce, chitarra, basso) e Jorge García Toubes (batteria) macina il predetto death metal operando un’interpretazione tutta loro.
Sì, poiché in esso sono presenti diverse contaminazioni, prime fra tutte melodic death metal e US power. Contaminazioni che risultano essere centrate, poiché lo stile dei Nostri non è certo da buttare via. Malgrado l’LP sia il primo e quindi il più vicino a roteare attorno al nucleo musicale di partenza, formandosi nel contempo, si nota già una marcata tendenza a sviluppare il tutto in maniera autonoma. Senza scopiazzare nessuno, insomma. Il che dà onore alla voglia di estrinsecare un sound personale e deciso, nonché marcato con il pennarello nero; anche se, questo bisogna sottolinearlo, ancora acerbo e un po’ discontinuo.
La via maestra, tuttavia, è stata in ogni caso tracciata, e i Vultus si sforzano nella difficile impresa di rimanere costantemente concentrati su se stessi. Infatti, una delle difficoltà che incontrano le neo band è quella di elaborare un sound che sia solido nel rispettare i dettami imposti alla radice della band stessa, unitamente alla necessaria costanza del predetto sound per costruire una base da cui partire per il songwriting.
Per il momento il duo di Berlino riesce ad agire… al contrario, nel senso che le singole canzoni sono ben riuscite, interessanti e godibili. Ma, nel contempo, la loro sequenza appare non completamente incollata alla ridetta via maestra.
Ottimo l’avvio che, dopo l’incipit ambient/strumentale ‘Ex Nihilo’, che fa da preludio al leitmotiv trainante il disco, propone il brano ‘Incipit’ (sic!). Lo schizofrenico growling del mastermind Guimeràns traina ciò che, si può dire, rappresenti la cartina al tornasole dell’intero platter. Ariosi inserimenti di tastiere, morbida melodia insita sia nei chorus, sia, soprattutto, nei laceranti assoli e negli intarsi cuciti dalla chitarra solista e, una volta tanto, nelle linee di basso. Il riffing si discosta un poco dal solito conglomerato di accordi stoppati dalla tecnica del palm-muting, per tracciare amabili arzigogoli che, spesso, sono un tutt’uno con le parti più armoniche.
Il resto dei brani scorre abbastanza bene, con qualche intoppo dovuto, si ripete, a un sound che presenta qualche sfilacciatura. Non si tratta di un difetto grave, però, poiché – almeno a parere di chi scrive – si tratta di un peccato di gioventù che sparirà a mano a mano che la coppia teutonica andrà avanti nella fabbricazione discografica, se così sarà. In tal modo, potrà affinare e rendere definitivo uno stile che li distingue da molti act che praticano lo stesso genere.
La sufficienza è d’incoraggiamento, giacché non sono poi così tanti i gruppi che tentano di proporre qualcosa di originale, non accontentandosi di svolgere un compitino meramente scolastico. Per questo non si può non premiare l’ardimento posseduto dai Vultus nell’inserire in “Sol Invicto” qualcosa che non sia menomato dall’apposizione dei soliti cliché in tema.
Coraggiosi.
Daniele “dani66” D’Adamo