Recensione: Soldiers Of Misfortune [Reissue 2022]

Di Vittorio Cafiero - 4 Dicembre 2022 - 12:04
Soldiers Of Misfortune [Reissue 2022]
Band: Sacrifice
Etichetta: High Roller Records
Genere: Thrash 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Una reissue molto old school (vinile previsto nel 2023, mentre attualmente sono già disponibili i relativi cd e cassetta) fornisce l’assist per rimettere nel lettore e riascoltare “Soldiers Of Misfortune”, dei thrasher canadesi Sacrifice. Non ci sono extra particolari in questa riedizione, per cui lo spunto principale di interesse è l’“indispensabile” rimasterizzazione che ne modernizza la resa e lo rende più incisivo. Terza uscita per la formazione di Toronto, a tre anni da quel “Forward To Termination” che già aveva dato prova di qualità, “Soldier Of Misfortune” esce originariamente nel 1990, annata di gran fermento dove anche un capolavoro thrash come “By Inheritance” degli Artillery faticò a farsi notare. Consolidati e ben amalgati come formazione ormai da anni, i Sacrifice danno alle stampe un album di thrash ricercato, tutt’altro che di facile fruizione, che trova le sue peculiarità nel rifferama sincopato e nervoso, nel rifiuto della soluzione facile a tutti i costi e nella voce roca e niente affatto rotonda di Rob Urbinati, impegnato anche alla chitarra solista. Doverosa premessa, siamo in una fase molto complicata per quanto riguarda il (sotto)genere: i fasti degli anni ottanta sono ormai sulla via della fine, ancora i Metallica non hanno sconvolto la scena con il Black Album e il pubblico dà l’impressione di essere impaziente verso qualcosa di più moderno e potente (i Pantera sono in uscita con il mitico “Cowboys From Hell”). In un contesto così particolare, il quartetto rifiuta compromessi e dà alle stampe un lavoro ricercato, intenso e sentito, che parte dagli archetipi del genere e si sviluppa verso territori più articolati, veramente ad un passo dal techno-thrash tout court. Si parlava della voce di Rob Urbinati ed è necessaria una premessa: nel thrash ci sono (pochissime) “belle voci” (Joey Belladonna, Erik “A.K.” Knutson, il Chuck Billy più giovane), diverse voci non gradevoli ma assolutamente caratterizzanti (Bobby Ellsworth, Steve Souza, Dave Mustaine) e uno svariato numero di cantanti davvero fastidiosi ad un primo ascolto (Sean Killian, Katon W. DePena, David DiSanto) ma che con le loro voci evidentemente strozzate, atone ed inespressive rendono la proposta ancora più intensa e focalizzata sull’impatto sonoro. Tra questi ultimi c’è anche sicuramente Rob Urbinati dei Sacrifice, che oltre a suonare la sei corde, offre una prestazione vocale sofferta, nervosa, arida e mette a disposizione la sua rabbia per otto tracce aggressive e articolate insieme.

Attenzione: “Soldiers Of Misfortune” non è uno di quegli album che “non può non piacere” ad ogni thrasher degno di nome. E’ un lavoro, complesso, ricco di sfaccettature, che va centellinato come una grappa invecchiata per poterne gustare tutte le sfumature. Ogni passaggio va ascoltato con attenzione per coglierne le molteplici caratteristiche. Ad un orecchio distratto, infatti, potrebbe sfuggire la cura negli arrangiamenti e la ricercatezza di gran parte dei passaggi; i Sacrifice sono ottimi strumentisti e la loro abilità sta nel riuscire a mettere la tecnica a disposizione della canzone nel suo insieme, senza dover necessariamente partire in quarta con virtuosismi fine a se stessi. Non sono particolari divagazioni solistiche a risaltare (ce ne sono relativamente poche e limitate a quelle “di ordinanza”), quanto l’affiatamento che si crea tra i quattro. Dopo la partenza in quarta con un pezzo duro e deciso come “As The World Burns”, è proprio nella title-track che tutte le qualità dei Canadesi vengono fuori: in meno di sei minuti, rallentamenti, ripartenze, excursus melodici, fraseggi abbozzati e ripresi. L’impressione è quella di quattro musicisti in cerchio che danno alternativamente spazio a ciascuno per ottimizzare il risultato finale, dove la sinergia e la chimica trovano una vera e propria sublimazione. Una pseudo jam session thrash, che mette in risalto le capacità dei singoli ma anche la chimica di gruppo. Il bello oltretutto è che gli stilemi del genere ci sono tutti, segno che la band non ha nessuna paura di restare con i piedi ben piantati per terra né si sente nell’obbligo di innovare a tutti i costi. Si prenda ad esempio un pezzo come “In Defiance”: poco da discutere, è un pezzo 100% thrash (ma che thrash!). La pausa dura poco, subito con “Existence Within Eternity” le variazioni e i break riprendono, ancora difficile parlare di progressività, ma poco importa. Tutto è fatto con estrema intelligenza e un altro esempio in tal senso è il break strumentale prolungato a metà di “Lost Through Time”. Quaranta minuti sono sufficienti ai Sacrifice, dieci dei quali alla sola e conclusiva “Truth (After The Rain)” dove davvero i Nostri non hanno più paura alcuna di osare e si scatenano in un nuovo turbinio creativo: pezzo costruito su molteplici momenti, magistralmente legati tra loro, una suite thrash che riesce a non annoiare mai benché richieda il giusto impegno per essere apprezzata a dovere. Ancora una volta, break e ripartenze, rallentamenti ed accelerazioni dove tutti e quattro i musicisti con grande semplicità e naturalezza fanno sfoggio di capacità tecniche non comuni, per un pezzo dal songwriting e dagli arrangiamenti di rara raffinatezza.

Non stupisce che ai tempi dell’uscita “Soldiers Of Misfortune” sia passato relativamente inosservato: non è accattivante al primo ascolto ed è privo di qualsiasi elemento possa attirare facilmente l’attenzione dell’ascoltatore, anche di quello più attento e curioso. Il sottoscritto se lo procurò in maniera assolutamente casuale tramite uno storico mail-order solo perché a prezzo scontatissimo e per molti anni l’ha molto onestamente snobbato senz’appello. Ma sì sa, tra gli appassionati del “nostro” genere musicale, sono tantissimi quelli che oltre ai nomi sacri trovano un malcelato piacere nel ricercare, approfondire e recuperare titoli rilevanti dal passato. E’ il terzo lavoro dei Sacrifice è proprio un ottimo esempio nel novero degli album da riscoprire.

Tutt’ora attivi (benché l’ultima uscita, il notevole “The Ones That I Condemn”, risalga al 2009) i Sacrifice sono certamente un gruppo da riascoltare e rivalutare. Band interessante e personale, come solo i gruppi canadesi sanno essere.

Vittorio Cafiero

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