Recensione: Solitude in Madness

Di Daniele D'Adamo - 1 Maggio 2020 - 0:01
Solitude in Madness
Band: Vader
Etichetta: Nuclear Blast
Genere: Death 
Anno: 2020
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
90

Sedicesimo botto per i polacchi Vader, ultimo di una leggenda che si perde come discografia nel lontano 1988 quando, poco prima della caduta del Muro di Berlino (1989), in quel circuito underground che era in grado di passare sotto le fondamenta della c.d. Cortina di Ferro, appare una musicassetta intitolata “Live in Decay”. Prima uscita di una formazione nata ancora prima, nel 1983, fra i cui membri spicca tale Behemoth, war-name di Piotr Paweł Wiwczarek, noto successivamente e semplicemente come Peter. Anima, cuore, carne, ossa e membra di una band che è passata indenne da numerosissimi cambi di line-up sino a giungere a quella attuale, stabile, che ha partorito il sedicesimo, appunto, full-length: “Solitude in Madness”.

Una lunga storia, una lunga progressione che li ha portati da rozzi incisori a stupefacenti Maestri del death metal. Death con la ‘d’ maiuscola. Sì, perché, in pieno 2020, solo e soltanto i Vader riescono a produrre death metal nella sua forma più pura. Esente da contaminazioni, libero da coercizioni modaiole, lontano anni-luce da atteggiamenti volti al business. I Vader sono questi, la verginità del death. Sin dagli inizi la matrice di base è rimasta costantemente inalterata, a mo’ di punto fermo, di fondazione su cui erigere il muro di suono via via sempre più raffinato nei suoi metodi costruttivi, sempre più tecnico nella sua elaborazione dei tre spazi cartesiani.

“Solitude in Madness”, che dura ‘solo’ ventinove minuti, è un clamoroso concentrato di furia controllata dalla magnifica bravura dei quattro cavalieri dell’Apocalisse. I quali, al momento, assieme, indicano al viandante la strada per raggiungere la migliore formazione mondiale in materia di death metal. Death metal, non ci si stanca a ripeterlo, poiché è ciò che sprizza da ogni accordo dell’LP. Per onorare il proprio stile, c’è sempre una spruzzata di black metal, quasi impercettibile, la quale definisce il retrogusto di una foggia musicale, come si è accennato, unica e indivisibile, unica e riconoscibile per chiunque: lo stile dei Vader. Lo stile di Peter, eterno mastermind, la cui passione si perde negli spazi siderali talmente ‘è tanta’, la cui abnegazione per la causa è più resistente di quella del granito.

Stile che, rispetto al precedente lavoro, “Dark Age” (2017), presenta degli ulteriori affinamenti. Sembra inconcepibile, ciò, ma il combo di Olsztyn ha saputo compiere un balzo in avanti, giungendo a una perfezione sia formale, lo stile; sia sostanziale, l’impatto sonoro. Quest’ultimo retto da una tecnica di prim’ordine, addirittura sopraffina, poiché suonare alla velocità della luce come accade lungo tutta la durata dell’album senza nemmeno la più piccola incertezza, la più piccola sbavatura, è roba da pochi. Di Peter si sa, ma anche lui ha alzato l’asticella per quanto concerne la voce, dannatamente roca, cattiva, stentorea, perfettamente intelligibile nonostante lo sfascio sonoro che l’avvolge. E, a proposito, il miglioramento più netto si ha nell’incredibile lavoro delle chitarre. La sua e quella di Spider, oramai indissolubile duo in grado di sputare fuori dalle loro asce da guerra una selva intricatissima di riff duri, precisi, quadrati, molto vari nella loro successione temporale. Poi gli assoli, totalmente dissonanti, che s’infilano nei fianchi come appuntiti stiletti. Immane il rombo del basso di Hal, davvero importante nell’economia della… squadra per riempire sino a comprimere all’inverosimile un sound senza confini, dalla potenza devastante ma anch’esso facilmente discernibile grazie a una esecuzione semplicemente mostruosa e a una produzione ai massimi livelli possibili. Sound enorme, sì, ma grazie anche, e forse soprattutto, all’indescrivibile drumming di James Stewart. Dotato, anch’esso, di una potenza sovrumana e di una tecnica cronometrica, giacché i suoi blast-beats si svelano come entità abnormi, semplicemente spaventosi all’udito. Watt, watt e ancora watt, BPM da follia, precisione chirurgica, sono gli elementi che caratterizzano una forza propulsiva immane come in ‘Into Oblivion’, per esempio.

A tal proposito, le canzoni sono tutte prodigiose, deputate al totale massacro sonoro non fine a se stesso bensì sostanza ribollente da cui vengono eiettate note ed accordi. La brevità del disco unitamente alla sua intensità fa venire in mente qualcosa che è stato pubblicato nel 1986. Si pensava che questo qualcosa non potesse essere ripetuto da nessun altro. Ora sì. Canzoni corte, brutali, aggressive al massimo delle possibilità umane, pulite nella loro realizzazione sia sulla carta sia dal vero. Inutile mettersi a fare un track-by-track. Tutti i brani rappresentano la totale annichilazione, con punte di allucinazione completa o con up-tempo da scardinare una portaerei (‘And Satan Wept’, ‘Emptiness’). Niente da fare, non ce n’è una che sfiguri rispetto alle altre e, assieme, possiedono in toto il famoso quid in più. Quel qualcosa di indefinibile che segna il confine fra un gruppo normale e uno che scrive la Storia del metal estremo. E ce n’è tanto, di quid in più.

“Solitude in Madness” è un lavoro pazzesco, quasi da non credersi possa esistere, che non stanca mai neppure ascoltandolo decine di volte. Gli speaker urlano e strappano l’etere, il subwoofer fa tremare il cemento armato, l’insieme è qualcosa di assolutamente indimenticabile. I Vader stupiscono, quindi, per essersi saputi migliorare da una situazione che li poneva già fra i migliori. Operazione che solo i più Grandi riescono a compiere e difatti con “Solitude in Madness” si è raggiunto il top assoluto in materia di death metal.

Nient’altro da dire. Il resto, al confronto, è roba da signorine.

Incredibile e incredibili!

Daniele “dani66” D’Adamo

Ultimi album di Vader

Band: Vader
Genere: Death 
Anno: 2020
90
Band: Vader
Genere: Death 
Anno: 2016
64
Band: Vader
Genere: Death 
Anno: 2014
70
Band: Vader
Genere:
Anno: 2009
58
Band: Vader
Genere:
Anno: 2000
80