Recensione: Solo

Di Tiziano Marasco - 16 Febbraio 2013 - 0:00
Solo
Band: Kaipa
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1978
Nazione:
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90

Gli anni settanta hanno visto la grande fioritura del rock che, dopo le forme relativamente semplici degli anni sessanta dei Beatles, degli Stones e dei Byrds, si fece via via sempre più articolato e magniloquente. Il folk lasciò in certa misura spazio al Jazz, alla musica classica ed alla sperimentazione senza freni né barriere. Nasceva il progressive rock. E ancora una volta era l’Inghilterra a farla da padrone, con band quali Pink Floyd, Yes e Genesis. Dall’altra parte dell’oceano risposero Grateful Dead e soprattutto i Rush, eppure questa corrente sonora trovò in molte nazioni le sue peculiari varianti. Impossibile non citare l’Italia della PFM, del Banco e delle Orme, ma va ricordata anche l’altra nazione che nel vecchio continente si innamorò del progressive: la Svezia, dove emersero in quel decennio moltitudini di gruppi, il più noto dei quali, e non solo per il fatto che tale gruppo sia tutt’ora in attività, risponde al nome di Kaipa.
 
Il complesso in questione venne a formarsi nel 1973 per opera del tastierista Hans Lundin e di Tomas Eriksonn, già basso e voce, che avevano in precedenza militato assieme in una band di nome San Michael’s. Dopo lo scioglimento diedero alle stampe un singolo sotto il monicker Ura Kaipa (successivamente abbreviato in Kaipa), ispirato al personaggio di un romanzo svedese. Gli anni passarono e con essi vennero nuovi componenti, in particolare il giovane Roine Stolt, che prese in mano le redini compositive della band nei primi tre LP ed infine Mats Löfgren, cantante che spesso si impegnò sul fronte lirico. Venne così in essere il magnifico debut omonimo ed il mastodontico Ingen Nytt Under Solen, per poi subire una svolta intimista nel più raccolto Solo, sul qual oggi si avrà a disquisire.
 
Solo è infatti un album assolutamente caratteristico, sebbene siano presenti le influenze di certi Genesis, soprattutto quelli di Trespass per quanto riguarda certi passaggi strumentali, e vede già sprazzi di quello che saranno un giorno i Flower Kings. Oltre a ciò, in maniera assai affascinante, le atmosfere psichedeliche sognanti che sempre sono piaciute a Stolt si mescolano spesso a certi toni folk (vedasi in primis Sist På Plan).
 
C’è da dire che, pur trattandosi di un disco prettamente prog, la musica in Solo scaturisce spontanea come se i cinque membri del gruppo si fossero trovati per una jam session in mezzo ai boschi scandinavi (con o senza idromele, fate voi). Purtuttavia l’assimilazione dei vari brani avviene per livelli successivi. Le prime canzoni a battere sui timpani sono infatti le ultime due, guidate dal cantato in madrelingua che conquista subito sebbene risulti incomprensibile ai più. Total Förvirring infatti è canzone che non sfigurerebbe in Space Revolver o in Banks Of Eden, sebbene sia molto più elementare del prodotto tipo dei Flower Kings. Dall’altro lato però il brano si presenta carico di un groove irresistibile ed i sette minuti scivolano via in un lampo. All’opposto invece troviamo Sist På Plan, con il suo incedere scarno, solitario ed acustico, un brano in apparenza semplicissimo che si rivela essere una suite memorabile, con almeno quattro cambi di atmosfera e l’omaggio ai Genesis in chiusura.
 
Passato il totale sgomento (total förvirring appunto) nello scoprire questi due piccoli capolavori, Solo rivelerà, col procedere degli ascolti, tante altre gemme, per lo più strumentali. Emergere così la opener, altra bella suite che pare una jam. Emerge la marcetta Sen Repris, con una strofa regolare e cadenzata, vicina se si vuole a certi Queen privati della proverbiale Pompa Magna. Ancora la suadente Flytet rivela chitarre che torneranno 20 e più anni dopo nei Flower Kings, mentre Anar Dig inserisce le medesime chitarre sui Genesis di Nursery Crime. Frog Funk si presenta da sé col titolo ma il vero, piccolo capolavoro è la successiva e sognante Visan i sommaren, canzone di brume e rugiada, con tastiere fluttuanti ed atmosferiche a far da perfetta cornice al canto mistico di Löfgren. Un pezzo che si anima nella parte centrale ed apre spazi aperti e valli sconfinate prima di scolorare piano piano, lasciando spazio all’egualmente intimista Tajigan, chitarra Gilmouriana e tastiere Banksiane, chiusura perfetta per quello che sul vinile era il lato A.

Il Lato B è composto invece da quattro soli pezzi, dal minutaggio decisamente più esteso, come si è visto in apertura di recensione e come conferma Respektera min värld, forse il pezzo debole del disco, risultando eccessivamente legato agli immanenti Genesis. Ma rimane pur sempre un attimo di meraviglia, i tre minuti di En Igeklotts Död, dove si segnala il ritorno delle atmosfere brumose e fatate di Visan I Sommer. 
 
Un disco che non assomiglia al vino buono (che migliora con gli anni) ed al contrario ad oggi affascina vieppiù proprio grazie al suo alone vintage e fuori moda. Un disco che invece somiglia molto più prosaicamente al maiale di cui, secondo l’antico detto, non si butta via niente. Un piccolo tesoro che non è lecito lasciare all’oblio solo perché cantato in una lingua indecifrabile. Un disco che parimenti noi, italiani amanti del prog italiano, potremmo tranquillamente accostare a L’Isola Di Niente o a Smogmagica. Un disco che testimonia magicamente uno spaccato di quella scena svedese che con gli hanni si è progressivamente (appunto) imposta sul panorama internazionale, dai mille progetti derivati dalla mente di Stolt (che per inciso, dopo Solo, continuerà da solo e lascerà i Kaipa) per arrivare ai Karmakanic, e ai Beardfish. Un disco che, si ripete, è abbastanza atipico nel panorama del progressive rock classico nel suo evitare il tecnicismo alla Rush o le monumentali architetture degli Yes in favore di brani più contenuti ed intimisti. Perché le origini scandinave devono pur avere il loro peso. Insomma, un disco unico.
 
Tiziano “Vlkodlak” Marasco
 

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Tracklist:

01. Den skrattande grevinnan (4:50)
02. Sen repris (3:21)
03. Flytet (2:47)
04. Anar dig (4:05)
05. Frog funk (3:34)
06. Visan i sommaren (3:40)
07. Taijgan (3:26)
08. Respektera min värld (6:13)
09. En igelkotts död (3:40)
10. Total förvirring (7:24)
11. Sist på plan (7:39)

 

Line up:

Hans Lundin – tastiere, voce 
Ingemar Bergman – batteria, voce 
Mats Lindberg – basso 
Mats Löfgren – voce 
Roine Stolt  chitarra  

 
 

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