Recensione: Sombre Gates

Di Fabio Vellata - 9 Aprile 2009 - 0:00
Sombre Gates
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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63

Entombed, Dissection, At The Gates, Hypocrisy (già, questi non mancano mai), Dismember e Behemoth.
Una lista di nomi di prestigio che si accavallano uno sull’altro nel definire la proposta degli svedesissimi – non poteva essere altrimenti – The Cold Existence, band al secondo assalto discografico, dedita al tradizionale death metal di vecchia scuola che non perde tempo in barocchismi, ma predilige un approccio diretto e senza troppi voli di fantasia.

Prodotti dal grande Andy LaRoque, i nordici beneficiano di suoni decisamente puliti e definiti seppure, in alcuni passaggi sin troppo “precisi” e non del tutto in grado di conferire quella maggiore profondità che avrebbe senz’altro reso giovamento al risultato finale.

Pecca principale, pronta a manifestarsi immediatamente ai primi approcci di “Sombre Gates”, è la evidente mancanza di personalità che affligge il songwriting del combo, davvero troppo poco fantasioso e radicato a dettami rigidi e pre-impostati.
Una tecnica accettabile anche se non di primo livello e l’impatto spietato di cui si permea l’intera scaletta, non sono, infatti, sufficienti a sopperire alla cronica mancanza d’inventiva e ad una staticità che si concretizza ben presto in una latente monotonia foriera di qualche sbadiglio, cui contribuisce in buona parte anche una lunghezza del disco non molto contenuta.

Grezzi, ruvidi e feroci, i The Cold Existence lasciano vittime sul campo quando, lanciati a mille all’ora, si divincolano in episodi spediti come “Spawn Of Evil”, “Madness” e “Seeds Of Agression”, esempi di metal estremo che non va troppo per il sottile e concede qualche accento al thrash, tutto sommato godibile nella propria forma intransigente e squadrata.
Parimenti efficace anche la rude e coriacea “Ruins Of Despair”, pezzo ispirato ai Nile pur se, come facile da intuire, non certo accostabile alla grandezza immaginifico – compositiva del gruppo di Karl Sanders.
Non convincono per nulla invece, pedisseque ed ordinarie randellate death come “Utopia”, “Apocalypse” e “Wrath of Sekhmet”, brani simbolo del cd che, pur ponendosi a metà strada tra Kataklysm ed i già citati Nile (con evidenti riferimenti anche alla lunga lista di nomi riportata in apertura) e a fronte di un’aggressività diffusa ed ostentata, non offrono particolari sussulti, facendo sì che l’attenzione dell’ascoltatore svanisca ben presto con il trascorrere dei secondi.

Non male ad ogni modo, il lavoro alle chitarre di Jan Sallander e Robert Persson, così come discreta la padronanza messa in mostra dalla band nel suo complesso, insieme di musicisti senz’altro con qualche freccia al proprio arco ma che tuttavia mostra ancora elementi migliorabili in termini di puro e semplice “feeling”.

”Sombre Gates” in buona sostanza, non si classifica nella prima fascia delle uscite estreme del periodo, in virtù di una serie di brani dall’attrattiva altalenante, zavorrati troppo spesso da un profilo formalmente ineccepibile che però si rivela talvolta freddo come il ghiaccio ed un po’ scarso d’emozioni.

Non tutto da buttare insomma, ma senza dubbio consigliato in via preferenziale agli ascoltatori meno esigenti ed in grado d’accontentarsi di un semplice album di death classico, suonato in maniera più che dignitosa ma del tutto privo d’effetti speciali e dal coefficiente d’originalità vicino allo zero.

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Tracklist:

01. Oracle
02. Heretic
03. Corruption
04. Purgatory
05. Ruins Of Despair
06. Apocalypse
07. Spwan Of Evil
08. Crawling
09. The Hellfire
10. Madness
11. Utopia
12. Seeds Of Aggression
13. Forsaken
14. Wrath Of Sekmeth

Line Up:

Jan Sallander – Voce / Chitarra
Peter Laustsen – Basso
Robert Persson – Chitarra
Joakim Antonsson – Batteria

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Genere:
Anno: 2009
63