Recensione: Something Wild

Di Alessandro Di Clemente - 8 Dicembre 2001 - 0:00
Something Wild
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Anno: 1997
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85

Something Wild è il primo vagito di questo giovane combo nel quale milita Alexi Lahio (ex componente dei Thy Serpent). Con questo platter i C.O.B. hanno letteralmente shockato il metal europeo portando una ventata di freschezza a due generi che stavano ormai riciclandosi senza vergogna. I Children Of Bodom sono una band con delle radici black metal che ha voluto contaminare il death melodico con del sano power fatto “a mestiere” (o viceversa se volete). Il loro è un death metal estremamente tecnico, veloce, potente e nel contempo melodico, grazie anche all’uso massiccio delle tastiere.

Mentre già dal secondo album (Hatebreeder) le influenze black non si sentiranno più, in questo Somenthing Wild alcuni stacchi furenti compaiono qua e là, donando quella rozzezza che invece scomparirà già dal successivo e già citato secondo album.

Le sette canzoni più ghost song che compongono questo full lenght si equivalgono più o meno tutte come qualità di composizioni riservando menzione particolare a Red Light In My Eyes Pt.1 e Lake Bodom: la prima perché ha un ritornello veramente vincente e la seconda perché i C.O.B. l’hanno creata grazie a un’ ispirazione notevole.

Passando ad analizzare l’aspetto tecnico dei componenti dei Children si nota subito un grosso affiatamento tra le persone: la batteria è molto potente e veloce, forse un po’ troppo squadrata (come nella migliore tradizione power nord europea), il basso e la chitarra ritmica svolgono più che degnamente i loro compiti, la tastiera è un elemento strettamente necessario nell’economia della band ed il tastierista è veramente un fenomeno (lo si sentirà meglio nel secondo album e nel suo progetto parallelo Warmen), Alexi poi è un funambolo: la sua chitarra viaggia a mille con sweep pickings al fulmicotone e plettrate alternate alla velocità della luce e la cosa sorprendente è che il mastermind dei Bambini di Bodom è anche colui che sta dietro al microfono.

Un esordio veramente convincente che preannuncia un seguito più che onorevole; un esordio che in quanto a freschezza di idee non verrà equiparato neanche da Hatebreeder che ha altri pregi rispetto a Something Wild. Un album che può piacere sia al death metaller meno oltranzista sia al power metaller con una leggermente spiccata apertura mentale. Un album, ma soprattutto un gruppo, che sta facendo proseliti e sta, in qualche modo, creando una scena, in nord europa, della quale fanno parte i Kalmah ed i Norther, due bands molto valide ad alto tasso tecnico-compositivo.

Traclist:

1 Deadnight Warrior
2 In The Shadows
3 Red light In My Eyes, pt.1
4 Red light In My Eyes, pt.2
5 Lake Bodom
6 The Nail
7 Touch Like Angel Of Death

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