Recensione: Songs in Crimson
Devo riconoscere a malincuore di essendo rimasto parzialmente deluso dal precedente Earth Infernal, ero in ansia per questo nuovo lavoro dei miei amatissimi Satan e invece, superata l’idiosincrasia che da sempre nutro per il pur bravo Brian Ross, sono stato piacevolmente travolto da Songs in Crimson.
Infatti la premiata ditta Steve Ramsey/Russ Tippins, mai lodati abbastanza, ridando finalmente il giusto spazio al terzo membro della sacra trimurti del metallo Graeme English on bass, hanno forgiato un monolite di heavy venato thrash che recupera in toto quanto espresso nell’irraggiungibile The Kindred dei Pariah, datato 1988 (altra incarnazione dei Satan con M. Jackson al microfono).
L’iniziale e possente “Frantic Zero” e la furente “Era” sono infatti squassanti track di HM all’ennesima potenza pur conservando le micidiali accelerazioni da sempre trademark del gruppo. Il massacro continua con “Whore of Babylon” che pur incalzante nel suo incedere tempestoso, si esalta grazie a digressioni heavy e ficcanti ripartenze mentre “Sacramental Rites” è crudele thrash and epic track graziata dai continui duelli fra Tippins e Ramsey ,assolutamente esaltante il break centrale con annessa e bruciante ripartenza con ancora la sezione ritmica sugli scudi, grande il drumming di Sean Taylor, che si ripetono nella classica e speedy Satan songs “Martyrdom“.
La seguente “Turn the Tide” è ancor più furibonda nel suo dissennato incedere heavy speed, che si esalta nel break centrale ancora preda di double solo guitar al fulmicotone. Bass and drums introducono l’epic speed di “Captives“, impreziosita da linee melodiche da sballo pur rimanendo devastante nel suo incedere e ben si accoppia con “Curse in Disguise” che travolge in una terremotante cavalcata una malcapitata e imputridita vergine di ferro che mi costringe a zompettare per la strada come un invasato allorché i nostri eroi ingranano la quinta.
Non ho più l’età e le coronarie per sopportare pure “Truth Bullet“, sorta di dondolante thrash all’ennesima potenza, invero spettacolare il riffing a mo’ di tritacarne che la impreziosisce, mentre la conclusiva “Deadly Crimson” è la summa cum laude di quanto espresso prima: incipit thrash, digressioni heavy epic e brucianti ripartenze, per un finale davvero di livello!
La produzione è cruda e possente come si conviene e l’artwork bello ma spartano. Una preghiera a Steve and Graeme: a quando la riesumazione dei magici Skyclad?
Ulisse “UC” Carminati