Recensione: Songs of Love and Death
Parte I – Dulcinea (dialogo interiore)
Come sono andate veramente le cose? Di la verità? Ti hanno costretto eh? No, no…no. Questi li ho scelti io, sai com’è non vedevo l’ora di recensire un’altra gothic metal band, mi piacciono tanto. Nei sei certo? Prodotti dalla Universal, una major? Sai quando ho sentito il singolo non ho potuto fare a meno di cantichicchiarla, però non era la solita cosa da radio, sai aveva qualcosa di più e anche il resto poi…. Non mi avevi detto che i gruppi pop metal travestiti da gothi…Va bene, lo ammetto, ho visto il video di “In The Shadows” e non ho saputo resistergli. Sai che ho un debole per quelle storie di cavalieri erranti, tenzoni truculenti (ma non troppo) e pulzelle da salvare. Chi vorresti salvare? La mia dulcinea, all’anagrafe Jennifer Haben, diciannove anni e voce incantevole dei Beyond the Black.
Parte II – Dj Sascha vs Air Force One
Le origini del mito narrano che la Universal Music, attraverso una sua etichetta la Air Force1, ha deciso di produrre i tedeschi Beyond the Black e il loro album intitolato “Songs of Love and Death”. Tutto qui? Quasi. Loro sarebbero un gruppo di amiconi musicisti accumunati dall’amore per la musica fino a quando una major li ha scoperti e imprigionati in studio assieme a Sascha Paeth (proprio lui, quello che ha creato gli Heaven’s Gate, poi è diventato produttore per Rhapsody, Kamelot, Edguy, Epica, Avantasia e altri). Come dicevo nella prima parte la band tedesca suona gothic metal e i rimandi sono piuttosto espliciti a band quali Nightwish, Evanescence, Epica e Within Temptation, tanto per citarne alcuni. Andiamoci a vedere dentro, potrebbero riversare sorprese.
Parte III – il Voodo Universal(e)
Osserviamo la copertina. Jennifer è defilata, ma non abbastanza da passare inosservata. Alcuni corvi vorrebbero rubarle la scena. E neanche a dirlo non ci riescono, la luce che penetra dall’antro della caverna non ammette altri protagonisti.
La scritta a fondo copertina riporta “Songs of Love and Death”, amore e morte, l’inzio e la fine raccontati e musicati dai tedeschi Beyond the Black è tentantivo ambizioso per un esordio. Per cui non indugerei oltre. Andiamo ad ascoltarli.
Non posso fare a meno di tornare al singolo, a quel video epico da cui tutto è partito, narrato e girato come nei migliori film hollywoodiani: un falco segue a distanza un manipolo di eroi in duelli all’ultima spada. Tutto bello, ma la musica? “In the Shadows” apre con rullo di batteria, distorsioni come tuoni in distanza, cornamuse per tingere l’oscurità in un mood epico decisamente orecchiabile. Entra in scena la voce di Jennifer e nemmeno per un istante possiamo fare a meno di ascoltarla inseguendola lungo le linee melodiche che ci conducono al ritornello, lo assimiliamo in un lampo.
Brano da radio, melodie che ti seguono ovunque e forse facendo il verso al titolo del brano diventano ombra delle nostro giornate. Ne voglio un’altra. Voglio il ritornello che piace tanto. Ora!
I Beyond the Black mi accontentano subito con la seconda traccia “Songs of Love and Death” che prende avvio con una voce timidamente rabbiosa su chitarre acustiche, poi le distorsioni di chitarra di Nils Lesser e Cristopher Hummels diventano più pesanti, ma senza far mai veramente male, deja-vu stilistico (Nightwish tra gli altri) di riff e intenti. Però quelle melodie e la voce hanno una loro personalità oltre a riuscire nell’intento di piacere subito. E se dovessi trovarne un’altra simile, sempre immediata e di grande impatto passerei direttamente alla traccia sette “Running to the Edge” che introduce la variante cantato maschile con problemi di raucedine, sentiamo subito puzza di Finlandia, ma ci passiamo sopra, visto che sto già canticchiando felice.
Il duetto tra la voce maschile rabbiosa di Hummels e quella di Jennifer prosegue nella pomposa “When Angel Falls”, riff e assolo in apertura, poi chitarra acustica per le voce di Jennifer che indugia elegantemente verso l’alto e nel ritornello la voce maschile risponde brutale (o quasi). Mi ricorda gli Evanescence, paragone che torna anche in “Unbroken”, si muove lento su note di piano a chiudere in crescendo verso aperture corali eleganti e possenti.
Se carcassimo un pezzo più folk? Traccia cinque “Pearl in a World of Dirt”, nuovamente un duetto, tuttavia qui la voce è quella di un ospite, Hannes Braun dei Kissin’ Dynamite, canta pulito, classico e il brano pare muoversi in mondi lontani e fantastici.
Tuttavia i Beyond the Black possono essere epici, basta ascoltarsi “Numb”, il cui incipit è un coro poderoso che tornerà nel corso del brano strutturato da riff graffianti, orchestrazioni e una voce femminile a muoversi tra parti basse per poi deflagare verso l’alto in melodie sempre riuscite. Altro brano in cui l’accento viene spostato sull’epicità è certamente “Afraid of the Dark” che si muove su note alla Dario Argento in una struttura che è simile a quanto raccontato fino adesso.
Mica finita qui. Per non tediarvi altro è tempo di medley. “Drawning In Darkness” è oscurità per piano, chitarra e voce femminile che divendta da dolce a rabbiosa per l’ennesimo brano di melodia manierista, ma nuovamente riuscita.
“Falling into In Flames” si muove verso l’aor stile Bryan Adams, staccategli il microfono a Jennifer, non vuole andarsene via dalla mia testa.
“Love me Forever” è dramma per piano in crescendo e le note diventano subito famigliari, questi tedeschi ci fanno ci sanno fare anche quando, come in questo caso, coverizzano i Motorhead.
Verso Una Conclusione Controversa…
Cosa non ti torna? Non lo so…c’è qualcosa..sai…La produzione non è buona? No, la produzione dei suoni è perfetta. Sasha Paeth ha fatto un ottimo lavoro, quei suoni risultano in linea con le scelte contemporanee verso sonarità pompose, ma è certo che tutto risulta chiaro pulito e armonizzato; cosa non del tutto scontata visto che vi sono parti sinfoniche da amalgamare in sonorità distorte più moderne. La band magari non ci sa fare? Nemmeno. I musicisti sono bravi, preparati, infatti sia le ritmiche che gli assoli funzionano, inoltre riescono a essere anche a trovare in parte suoni originali. Quindi? Il mio dubbio in realtà è sulla profondità della loro musica. Tutti i brani si distinguono per ottime melodie e la voce femminile non manca certo di una propria personalità. Tuttavia, nel momento in cui devi dare un giudizio, è difficile non tenere conto dei continui riferimenti palesi alla musica altrui (Nightwish, Evanescence. Within Tempation e così via) a volte davvero marcati. E se la musica dei Beyond the Black sconfina in altrui territori spesso è altrettanto palese l’eccessiva ricerca di una melodia immediata che potrebbe indebolirne la longevità.
Qui siamo ad un bivio. L’ascoltatore alla ricerca di qualcosa di immediato, orecchiale e ben scritto troverà l’albumone.
Per quanto mi riguarda “Songs of Love and Death” rimane un album più che buono da ascoltare nei momenti in cui vuoi il pezzo facile, ma ti rifiuti di finire nel poppetino patinato e innocuo da classifica. Sono convinto che potrebbero fare molto di più, ma il Vodoo Universal(e) mi sa che renderà le cose davvero difficili.
Marco Giono