Recensione: Songs of White Lion

Di Vito Ruta - 24 Aprile 2023 - 0:01
Songs of White Lion
Band: Mike Tramp
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2023
Nazione:
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68

Sarà che per colpa dei Kiss, da sempre assidui seguaci del dio dollaro, il mio patrimonio è stato depauperato, dall’acquisto di compilation, variamente denominate, con o senza inediti, (“Double Platinum”, “The Best of Solo Album”, “Killers”, “Smashes, Trashes & Hits”, “The Best”, “The Very Best” e tanto altro ciarpame) ma ho sviluppato una vera e propria orticaria per le raccolte.

Generalmente pubblicate tra una uscita discografica e l’altra per scongiurare flessioni nel saldo dei conti bancari degli artisti e delle case discografiche le compilation offrivano nell’era pre-internet, desiderio di completezza della discografia a parte, l’occasione per esplorare territori musicali poco conosciuti.

Venuta meno nell’era digitale l’esigenza di procurarsi con l’acquisto di una raccolta la panoramica della produzione di una band o di un artista, che oggi si può facilmente reperire con la navigazione, per mantenere un minimo di attrattiva la compilation si è riciclata nella “uscita per collezionisti”, impreziosita da versioni alternative, outtakes e gadgets a profusione, mantenendo, tuttavia, inalterato nel tempo il mantra che la caratterizzava: “monetizzare, monetizzare, monetizzare”.

Mr. Michael Trampenau, in arte Mike Tramp, frontman dei White Lion, che non si è mai sottratto alle logiche e alle trasformazioni del mercato, presenta, via Frontiers, “Songs of White Lion”, ennesima reinterpretazione dei brani del gruppo.

Ricorderete (il gioco di parole è d’obbligo) “Remembering White Lion” del 1999, uscita che già conteneva versioni ri-registrate dei brani “Little Fighter”, “When The Children Cry”, “Living On The Edge”, “Wait”, “All The Fallen Men” (pezzi pure presenti in questa nuova uscita).

Nonostante la carriera solista intrapresa dopo il colpo di grazia inferto alla band dall’avvento della rivoluzione grunge, la salita sul carro del vincitore alla testa del gruppo Freak of Nature, le beghe legali per l’utilizzo del nome White Lion e i dissapori con il co-fondatore Vito Bratta, valente chitarrista di scuola vanhaleniana, l’uscita di “Songs of White Lion” conferma che il cordone ombellicale che lega Tramp al gruppo con il quale ha raggiunto il successo e scalato le classifiche, grazie al secondo album, intitolato “Pride” (1987), non è mai stato reciso.

Risulta, altrettanto chiaro, atteso l’annuncio di un “Songs of White Lion U.S. Tour”, che i motivi di questo ulteriore “ripasso” della produzione della band non sono esclusivamente nostalgici.

Il cantante si è sforzato di giustificare l’operazione tirando in ballo la circostanza che dalle uscite dei White Lion sono passati quaranta anni e che essendo cambiato la sua vocalità, risultava opportuno e doveroso procedere ad un rinnovamento dei pezzi per sentirsi a proprio agio nel riproporre il vecchio repertorio.
Ed ecco allora una selezione di 12 pezzi, con rimaneggiamenti minimi, anche nelle linee vocali, che pesca nel meglio del meglio del gruppo.
Un breve arpeggio lì, una ritmica stoppata là, un tempo leggermente accellerato o rallentato, un suono appena svecchiato ed il gioco è fatto.
La gallina di Mike Tramp ha fatto un’altro ovetto d’oro.

L’album, tutt’altro che sgradevole per i contenuti, non colpisce assolutamente per le rivisitazioni dei brani e produce paradossalmente la voglia di correre a rispolverare la discografia originale dei White Lion.
Se, tutto sommato, “The song remains the same” meglio la versione capace di rievocare i ricordi adolescenziali.

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