Recensione: Soul Dragger
I Soul Dragger sono una band nata a Roma nel 2017 dalla volontà del chitarrista e cantante Alex, a cui si sono uniti il batterista Flavio, il bassista Jacopo ed il chitarrista Davide.
La loro storia discografica vede la pubblicazione di un EP nel 2018, dal titolo ‘Before Chaos’, ed ora di un album, dal semplice titolo ‘Soul Dragger’, reso disponibile, attraverso l’etichetta Time To Kill Records, dal 7 febbraio 2020.
Il loro genere è un ibrido che armonizza le sonorità Heavy e Thrash Metal di Vecchia Scuola con il più, relativamente, moderno Metalcore.
Per cui un sound formato da riff abrasivi e ritmi veloci, abbinati ad andature intrise di malinconica melodia, con una combinazione di voci intensamente emotive che passano da un furioso growl ad un più struggente clean.
‘Soul Dragger’ non è un album semplice, per assimilarlo bisogna entrarci dentro con intensità, ascoltandolo più volte, senza fretta e lasciandosi trasportare.
A seconda dei propri stati d’animo, dai ‘solchi’ vengono fuori svariate sfumature che infondono sensazioni di odiosa rabbia, triste amarezza ed anche di scura nostalgia.
I brani che compongono il lavoro hanno strutture eclettiche e si sente che il combo è alla ricerca di una sua identità, cosa non semplice quando si suona un genere (o meglio un insieme di generi) dalla vita così lunga e piena di vigore.
I risultati però ci sono, ottenuti anche per mezzo di una buona preparazione tecnica, sia in fase ritmica che solista, di una discreta comunicabilità, data da una voce duttile con toni carichi di slancio emotivo, e di una sapiente produzione, che è riuscita ad imbrigliare bene il sound della band capitolina.
Parlando brevemente di qualche brano, l’iniziale e violenta ‘Rise’ (per la quale è stato girato un video) è coinvolgente, con la sua chitarra che trasporta verso l’ignoto, l’attacco duro e l’accelerazione dinamica interposta alla furiosa cadenza.
La successiva ‘Damnatio Memoriae’ è spasmodica, con controstrofe stoppate, un refrain carico di rabbia impulsiva ed un assolo nevrotico.
Particolare menzione per la ballad ‘Maid and the Beast’, coinvolgente ed avvolgente con le sue strofe disperate ed il suo crescere d’intensità, e per la trascinante ‘Everyday’, tirata e senza sosta.
Da buona presa anche ‘Before Chaos’, una galoppata strumentale che mette in evidenza le capacità artistiche del quartetto e la seguente ‘Alone’: tosta e determinata che crea un bel collegamento tra anni ’80 e il nuovo millennio e sprigiona un assolo su doppia cassa parecchio emozionante.
‘Soul Dragger’ è una cavalcata piena di rabbia, così come ‘Death ‘n’ Destruction’, dove viene sfogato parecchio rancore in un intreccio di durezza e melodia.
Chiude l’energica ‘Collapse’, scura, complicata e progressiva; è la fine del viaggio in cui l’anima dei Soul Dragger ci ha trascinato.
Tirando le somme, l’esordio su lunga distanza di questa giovane band è, a mio giudizio, più che positivo. Bisogna limare qualche spigolo, togliere un po’ di sbavature ma ci siamo, “c’è una nuova band in Città” e questo non può farci che piacere. Restiamo in attesa del prossimo album.