Recensione: Soul Taker
Dopo lunghi anni di silenzio, con due capolavori realizzati negli anni ottanta, ecco finalmente il rotorno degli statunitensi Attacker che con questo “Soul taker” ritrovano la retta via dell’heavy metal e rientrano in scena dopo un periodo di difficili vicissitudini personali. La line-up del gruppo è stata segnata indelebilmente dalla morte di due membri fondatori alla fine degli eighties, vi rimando alle parole del batterista Mike Sabatini in merito a questa tragica vicenda. Questo ritorno sul mercato discografico rappresenta per gli Attacker il doveroso tributo agli amici perduti nel passato. Per chi di voi non avesse ancora conosciuto il nome degli Attacker posso assicurarvi che questi ragazzi siano stati tra i più valenti musicisti della scena statunitense storica, una band sottovalutata per lunghi anni e sfortunata a causa di problemi con le varie etichette discografiche che non hanno mai garantito una adeguata promozione della loro musica, nulla è perduto perchè i loro primi due lavori “Battle at the helm’s deep” e “The second coming” sono stati recentemente ristampati dalla attivissima Sentinel Steel Records che si è anche prodigata per contribuire alla realizzazione di questo nuovo “Soul taker”. Sarebbe legittimo aspettarsi, dopo così tanti anni, una sostanziale ridiscussione dei canoni principali del sound della band, ma devo notare che gli Attacker non hanno spostato di una virgola il loro stile compositivo e la loro classe esectuva continuando sulla strada interrotta dopo l’uscita di “The second coming”. Bob Mitchell è sempre lui, gli anni sono passati ma la voce è sempre la stessa, il timbro di questo particolarissimo singer è stato il marchio di fabbrica degli Attacker sul primo “Battle at the helm’s deep” e dopo essere stato sostituito dal compianto John Leone su “The second coming”, oggi ritorna in azione con gli Attacker dopo essersi fatto apprezzare tra le fila degli Alchemy X nel passato recente. Il disco è prodotto in maniera evidentemente retrò, gli Attacker si differenziano nettamente rispetto al trend imperante a favore di un sound potente e tecnico come pretendeva la tradizione negli anni d’oro del metal americano.
La prima “The end” presenta gli Attacker in tutta la loro potenza ritrovata, in meno di quattro minuti i nostri americani concentrano una elaborata struttura ritmica che colpisce immediatamente nel segno e lascia decollare un refrain perfettamente in linea con la tradizione della band americana. La seconda “Forgotten” si distende in maniera convincente tra parti chitarristiche molto aggressive e un cantato acuto chiaramente debitore alla scena degli eighties, la sensazione è quella di un eccessivo ricorso a parti vocali iperboliche, ma infondo il sound dei nostri è sempre stato quello. Più quadrata e massiccia “Sleepy hollow” si basa su una ossatura pesante e diretta che non deluderà chi tra voi ama il suono americano tradizionale, il ritornello promette notevoli responsi in sede live, questo è garantito. Gli Attacker non spostano di una virgola il tiro del disco puntando su composizioni energiche ed efficaci, la successiva “Tortured existence” prosegue sulla stessa falsa riga delle precedenti continuando a proporre riff di chitarra taglienti e un cantato acuto. La title track del disco si rivela molto più elaborata e ambiziosa, in sette minuti di durata la band americana costruisce una composizione davvero notevole sotto il profilo tecnico, gli Attacker confermano con un brano come questo la loro fama di cult band senza scadere in ripetizioni. Come già successo per i compatrioti Iced Earth anche gli Attacker vengono sedotti dal fascino di Jack lo Squartatore è dedicano a questo enigmatico personaggio “Jack” una canzone diretta e sanguinaria, la più cattiva del disco. Le strutture classiche della tradizione americana si percepiscono nettamente ascoltando “The conquerors” un brano in bilico tra U.S. power e metal classico, mi sovvengono i Fifth Angel ascoltando queste note. Lo strumentale “Return to mordor” presenta ottimi spunti melodici sorretti dalla solita inconfondibile sezione ritmica, nuovamente i gruppo firma una composizione tecnica e matura senza ripetere quanto suonato in precedenza e rimanendo fedele al proprio stile. Con “Raging fist” gli Attacker sferrano il definivo assalto alle orecchie dell’ascoltatore confermandosi pienamente dominatori del proprio sound e della propria tecnica, i nostri sono nuovamente impegnati in ritmiche potenti e linee vocali taglienti e acute. La ballad acustica “Until we meet again” è dedicata alla memoria di John Leone e Jim Mooney i due membri storici della band scomparsi dopo la realizzazione di “The seoncd coming”.
Un ritorno, questo degli Attacker, atteso con trepidazione da tutti coloro che negli anni hanno continuato a credere e custodire la tradizione del metal classico americano, una buona occasione per i più giovani per assaporare il vero metal americano che di questi tempi è diventato merce rara.
Tracklist:
1. The end
2. Forgotten
3. Sleepy hollow
4. Tortured existance
5. Soul taker
6. Jack
7. The conquesrors
8. Return to mordor
9. Raging fist
10. Until we meet again