Recensione: Source of Darkness
Giovani, sia anagraficamente che come gruppo, gli Eithel Fuin nascono a Modena nel 2005. Dediti fin da subito a un black metal con importanti apporti sinfonici, hanno realizzato un primo demo autoprodotto nel 2005, quasi a titolo sperimentale, per poi concentrarsi molto più seriamente alla realizzazione di questo “Source of Darkness”, titolo che in pratica traduce in inglese il loro stesso nome che deriva dalla lingua elfica inventata da J.R.R.Tolkien.
La prima traccia del cd è una lunga intro strumentale dai toni molto melodici e soavi che sfocia e al contempo si contrappone in maniera piuttosto netta alla successiva “Beyond Eternity”. La prima vera e propria canzone del lotto ci presenta la proposta musicale degli Eithel Fuin fatta di un black sinfonico colorito da un buon uso, nonché marcato, delle tastiere, da chitarre che strizzano a volte l’occhio al thrash americano e per finire dalle voci: quella maschile in growl, ma anche una inaspettata voce femminile.
Niente di nuovo sotto il sole, la proposta della band è infatti abbastanza canonica, ma le canzoni scorrono una dopo l’altra lasciandosi ascoltare molto bene. In particolare colpisce abbastanza la presenza della voce femminile, che, anche se con un ruolo tutto sommato secondario, risulta abbastanza una sorpresa all’interno di un sound che non sembra doverla prevedere.
Inizio lento e armonico per “Black-Fading Existence”, brano che diventa subito aggressivo con l’ingresso di chitarre, basso e drum-machine. Canzone che maggiormente ricalca gli stilemi del black-sinfonico, non presenta la voce femminile. Così come non la presenta la successiva “Lux Devicta Est”, che inizia in maniera piuttosto simile alla terza traccia, ma che poi evolve per conto suo in una lunga song con molti cambi di tempo e di atmosfera. Probabilmente il pezzo migliore e più elaborato della tracklist.
Non manca quella che potrebbe quasi essere definita come una ballad. “Elegy for the Fallen” è una dolcissima canzone in cui la fa da padrone la voce femminile, mentre quella maschile compare sussurrata solo verso la fine. Di per se il brano potrebbe aspirare a essere uno dei migliori della scaletta, ma la sensazione è che la cantante abbia preteso forse un po’ troppo da se stessa tentando passaggi lirici non alla sua portata, con ovvi esiti.
A chiudere il disco troviamo “Upon the Sulphur Throne” e bisogna dire che dopo la precedente, questa song è veramente una mazzata nei denti. Forse il brano più aggressivo e violento del cd, in cui, in gran parte, le tastiere vengono lasciate leggermente da parte per lasciar spazio a chitarre, basso e drum-machine, fino al finale di totale stacco melodico.
Non accreditata sul cd, in ultima istanza troviamo anche una cover in growl e nel perfetto stile degli Eithel Fuin di “Enjoy the Silence” dei Depeche Mode. Esperimento particolare, e forse inizialmente un po’ straniante, ma a mio avviso riuscito.
Dal punto di vista delle critiche bisogna dire che questi ragazzi han fatto un buon lavoro sotto il profilo della produzione, ma che ovviamente non può essere perfetto. Se infatti il drum programming è realizzato bene, facendo quasi dimenticare all’ascoltatore l’assenza di un vero batterista, dall’altra parte le chitarre son spesso un po’ troppo confuse. A tutto questo bisogna aggiungere qualche inesattezza in fase di esecuzione e registrazione che, seppur marginale, non può sfuggire a un orecchio attento e allenato.
Per concludere gli Eithel Fuin sfornano un demo di un certo interesse. Pur rimanendo all’interno di un genere negli ultimi tempi piuttosto abusato e senza inventare nulla di nuovo, dimostrano discrete doti compositive e una buonissima attitudine. Qualità che solo in alcuni frangenti vengono messe un po’ in ombra dalla produzione casalinga e che son sicuramente destinate a migliorare progressivamente anche in virtù della giovane età del gruppo.
Tracklist:
01 Intro
02 Beyond Eternity
03 Black-Fading Existence
04 Lux Devicta Est
05 Elegy for the Fallen
06 Upon the Sulphur Throne
Alex “Engash-Krul” Calvi