Recensione: Space for the Earth

Di Germano "Jerry" Verì - 22 Ottobre 2020 - 12:01
Space for the Earth
Etichetta: Kscope Records
Genere: Progressive 
Anno: 2020
Nazione:
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75

Salite a bordo, prendete posto e godetevi la vista dall’oblò, si parte. La navicella è un po’ arrugginita, negli anni ha esplorato mondi sconosciuti e nature trascendenti, ma non ha mai fallito un viaggio, né tradito i suoi passeggeri. Approcciamo così, metaforicamente, l’ultima fatica degli Ozric Tentacles, ancora pronti a farci viaggiare nel tempo e nello spazio, a nutrire il razionale e l’irrazionale, a soddisfare la mente e l’anima.

Dai loro esordi nei festival britannici di quasi 35 anni fa, ci separa una serie sconfinata di album contraddistinti da una fedeltà e un integralismo verso la propria idea di musica che ha pochi eguali. Tornano ancora una volta con il loro sound allucinogeno, cocktail micidiale di prog, space rock, psidechelia ed elettronica, miscelati di album in album in proporzioni leggermente diverse ma sempre con una riconoscibilità e personalità uniche. Indipendentemente dalla qualità altalenante di quanto prodotto negli ultimi anni, gli Ozric Tentacles sono infatti da tempo band di culto del movimento psichedelico e non solo, grazie al loro mix di ritmi tribali e jazz rock, di ambient e progressive, di ritmi dilatati e serrati.

Space For The Earth nasce fra il 2019 e il 2020 nei Blue Bubble Studios ad opera dell’inossidabile Ed Wynne e della sua combriccola hippie (nonché famiglia, in parte). Il vecchio Ed ha dichiarato di essere stato ispirato dalle colline scozzesi, dalle valli e dalle spiagge che circondano il suo studio. Le sue melodie riportano all’urlo della Terra che reclama il suo diritto all’integrità e all’autonomia rispetto al suo scomodo e spesso pericoloso inquilino.

Il sound che ci propone è uno dei più fantascientifici e cibernetici mai generati dalla band, le atmosfere sono spaziali, i suoni di sintesi si inviluppano con quelli acustici in maniera vorticosa.

L’opener “Stripey Clouds” è già manifesto dell’album: groove travolgente, sintetizzatori ultraterreni, soli di chitarra lancinanti e flauti fiabeschi. Il viaggio è iniziato. Più sognante e suadente la successiva “Blooperdome”, la cui sequenza elettronica avvolge l’ascoltatore che viene poi proiettato nell’iperspazio e coinvolto emotivamente da una chitarra celestiale. “Humboldt Currant” si fa notare per il suo funk tribale e le chitarre impetuose e policromatiche, mentre in “Popscape” sono più forti le influenze techno-trance imbastite da tappeti nervosi di synth, con le chitarre a mostrare muscoli inaspettati. “Climbing Plants” riporta un certo ordine con la sua eleganza e un indiscusso magnetismo ed è forse il brano più vicino al filone neo-prog. La title track è meditativa, delicata e fluida, ricca di influenze world music e sfumature ambient. Certamente uno dei brani migliori e che perfettamente incarna la matrice di ispirazioni compositive a cui Space For The Earth vuole tendere. Si chiude con “Harmonic Steps”, anche questa sintesi perfetta dell’album. Sezione ritmica catchy, soli e riff scintillanti, atmosfere morbide e cosmiche, conducono l’ascoltatore all’atterraggio finale.

Senza scomodare inopportuni paragoni con gli apici raggiunti in passato in opere come Erpland, con quest’ultimo Space For The Earth siamo indubbiamente davanti ad un ottimo lavoro. È evidente una certa modernizzazione della produzione e la presenza di qualche campionamento in più, ma restano inamovibili la sezione ritmica ipnotica e carica di groove, le ambientazioni lisergiche e le contaminazioni esotiche. Senza snaturarsi, anzi, amplificando le proprie riconoscibili attitudini, e pur senza aggiungere nulla di nuovo, la band riesce a presentare un prodotto fresco, efficace e coinvolgente. Un album che farà la felicità degli amanti del genere, in particolare di tutta quella schiera di fan ancora desiderosi di farsi catturare dai loro tentacoli sonori.

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