Recensione: Space Police – Defenders of the Crown
We’re defenders of the Crown!
(and we also eat monsters)
Irrefrenabile Tobias Sammet, irrefrenabili Edguy! Sono passati più o meno vent’anni dalla nascita della band tedesca, ed in questo periodo lungo dieci full-lenght molto è cambiato sia nel suo stile che nel modo in cui la band percepisce ed interpreta la musica. Ma una cosa, in fondo, è rimasta: la voglia di divertirsi assieme. Chi di voi non si è mai cimentato nell’attribuire nomi strani ai propri docenti per farsi quattro risate a sQuola? Lo stesso accadeva a quattro giovani studenti di Fulda, una piccola città dell’Assia (Germania), i quali avevano un curioso “soprannome” per il prof. di matematica Edgar Zimmerer: “Ed guy”. Lo spirito della compagnia, dopo un solo avvicendamento in lineup (ed un nuovo entrato) alle spalle, è sempre quello, gioioso e goliardico, di allora.
Prima regola per recensire un disco: non giudicare mai un album dalla copertina. Stesso discorso che vale per l’ultimo Gamma Ray, ma qui a mio avviso siamo a livelli di bruttezza ancora superiori: un poliziotto stile Village People, rigorosamente anni ’80 con tanto di creatura aliena dalla forma assolutamente incomprensibile. Il tutto per un album che non si accontenta di un titolo normale… infatti ne ha ben due, tratti da due brani distinti: “Space Police” e “Defenders of the Crown”. In questo modo originale e curioso di esporsi, a mio avviso, va ricercato lo stile della band e la chiave di lettura per questo disco.
Dimenticate la storia di Aaron Blackwell nell’ultimo disco degli Avantasia “The Mystery of Time”. Qui non c’è posto per le grandi orchestrazioni e per la complessità filosofica alla ricerca della coerenza del tempo. Permane invece lo stile, ibrido tra power metal ed hard rock che caratterizza gli ultimi lavori di Sammet, il quale preferisce rifuggire facili etichettature al suo vulcanico stile compositivo. Prendete dunque i pop corn e godetevi lo spettacolo: “Tobias Sammet strikes back… in space”.
L’avventura inizia tenendo in pugno una sciabola e con l’altra mano la torcia, alla ricerca di antichi misteri stile “Indiana Jones” con “Sabre and Torch”. Apre con un riff bello pesante, batteria di Felix Bohnke all’assedio e voce di Tobias altissima e tirata sin dalla strofa. Ritornello anthemico con le voci del coro che precede l’“Out the dark into the fire below”; verrà scuramente riproposta sul palco. Ottimo riscaldamento, ottima l’atmosfera pesante, cupa ed al contempo carica di energia.
Fuoco con i sinth e melodia super-scanzonata, poi d’un tratto parte la strofa. Un momento… ma è lo stesso album di prima? Siamo nel futuro o negli anni ’80? Ah, sono gli “Space Police” Edguy che viaggiano attraverso spazio e tempo! Tutto è possibile a gravità zero, del resto i poliziotti dello spazio rompono le regole con grande autoironia. Lo dicono pure nel testo. Il pezzo è geniale, dall’atmosfera al ritornello corale, fino al simpatico quanto inaspettato cantato in falsetto: sei minuti volano come fossero immersi nell’inerziale spazio inesplorato. “Freeze!”
Ma gli Edguy non sono solo spaziopoliziotti, sono anche difensori della corona – e poi mangiano i mostri. Incredibile ma vero, in “Defenders of the Crown” nonostante la strofa fortemente melodica torna la cara vecchia doppia casa tanto cara agli amanti del power metal. Siamo ancora su livelli di follia compositiva notevoli, anche se il ritornello è immediatissimo. Curioso ancora il siparietto a tre quarti del pezzo, un botta e risposta di “whooooah” tra il maestro di cerimonie e le voci dei dannati. Dal vivo saranno Tobias ed il pubblico.
“Miao”. Torniamo sulla terra con “Love Tyger”, un pezzo hard rock semplice e musicalmente molto prevedibile, eppure altrettanto immediato e divertente, con quel “T-T-Tyger” ruggente e carismatico. Da questo pezzo è stato realizzato anche un buffo video animato. Interessante nel testo la citazione “I would break my nose to make a stir”, che ci riporta al “Bang Your Head!!! Festival” del 2012, in cui proprio con gli Edguy Tobias cadde dal palco e si ruppe il naso, riuscendo comunque a concludere lo show.
Spostiamoci ad est, verso la Russia e le leggende slave, nel regno di una strega di nome… Baba Yaga: “The Realms of Baba Yaga” è un pezzo power con tutti i crismi, con la giusta dose di doppia cassa e notevole assolo di chitarra. Chissà dove i ragazzi avranno scoperto di questo strano personaggio?
1985. Il cantante austriaco “Falco” (al secolo Johann (Hans) Hölzel) pubblicava “Rock Me Amadeus”, raggiungendo le vette di tutte le classifiche internazionali: in Italia arrivò addirittura secondo. Qui ne troviamo una cover in versione metal, cantata rigorosamente in tedesco. Manca la voce femminile, sob! Indubbiamente il pezzo più discusso dell’album, a mio modesto avviso è una gradita presenza: queste contaminazioni sono spesso indice di pluralismo musicale, e la cosa non può che essere positiva. Anche la realizzazione è buona, peccato per la voce un po’ penalizzata dal mixer nella strofa. C’è pure il verso di una scimmietta in sottofondo: citeranno forse la cover scimmiesca “Dr. Zaius” dei Simpsons? Rispetto all’originale manca anche la voce femminile… ah, l’ho già detto!
Proseguiamo con il dittico “Do Me Like a Caveman” e “Shadow Eaters”, brani tipicamente power a mio avviso abbastanza anonimi e leggermente sottotono rispetto a quanto visto finora. Filler zone?
Ballad romatica immancabile: “Alone in Myself”, col hammond organ decisamente retrò, molto hard rock stile Bon Jovi (o giù di lì). Carina, niente più, niente meno. Conclusione complessa ed epica, quasi avantasiana, con la suite “The Eternal Wayfahrer”, tanto che data l’abitudine ci aspettiamo continuamente di sentir saltare fuori un Jørn Lande a caso… cosa che purtroppo non accade. Un pezzo dalla grande carica emozionale, che da solo riesce a riabilitare gli ultimi brani non proprio all’altezza della prima metà del disco.
Segnalo inoltre la divertentissima “England” dall’edizione speciale del disco (now 20% more metal), assolutamente da non perdere. Peccato che non sa finita anche nella versione standard. Cito solo una strofa: “Vienna has got Mozart/ Chopin they had in Paris (kind of)/ The Catholics got the Pope/ England’s got The Beatles/ And even more so: England’s got Steve Harris”.
“Space Police – Defenders of the Crown” è un album maledettamente divertente. Non è il miglior disco degli Edguy, né un disco imprescindibile per i fan dell’hard rock o del power metal, eppure rappresenta una sintesi geniale di entrambi i generi; scritto, arrangiato (assieme al solito Sasha Paeth) e suonato da musicisti che sono in prima battuta grandi amici con tanta voglia di divertirsi, prima ancora che professionisti dei rispettivi strumenti: un lavoro di qualità che cresce ascolto dopo ascolto – grazie alla simpatia dirompente sprigionata dalle sue melodie e dai suoi versi, da buona tradizione sempre abbastanza ricercati. La voce “gridata” di Tobias non è più quella di una volta, purtroppo, eppure il cantante tedesco riesce ad utilizzare il suo mezzo espressivo con decisione e consapevolezza. Resta aperto il dibattito riguardo la liceità della cover di Falco o su qualche filler qua e là, sul quale magari si poteva fare ancora di più per migliorare ulteriormente la qualità di questa release; questo è un disco così: o lo capisci e ti diverti o lo snobbi e lasci che si divertano gli altri.
Ad ogni modo, non abbiate paura ad approcciarvi a quest’album, magari anche solo intimoriti dalla cover art poco invitante. Col suo stile anni ’80 e col suo spirito giocoso e frenetico, “Space Police – Defenders of the Crown” saprà sicuramente divertirvi e proteggervi dai mostri… o ancora meglio: che vi piaccia o meno, potrebbe salvare la vostra anima!
They call me Love T-T-Tyger
I’m gonna save your soul – never mine
Love T-T-Tyger – I’m gonna save your soul
There may be a lot who don’t wanna be saved
I’m gonna save them anyway
Tonight the love tyger’s gonna bite
you tonight!
Luca “Montsteen” Montini
… discutine sul forum, nel topic dedicato agli Edguy!