Recensione: Spearhead Of Iron

Di Daniele D'Adamo - 22 Dicembre 2012 - 0:00
Spearhead Of Iron
Band: Deathmarched
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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50

Vore e Neutron Hammer.
Due nomi, due esempi calzanti per delineare a loro volta i Deathmarched. Finlandesi, nati nel 2009 dalle ceneri dei Putrid e dei God Forsaken, dopo il demo d’ordinanza (“Open Fire”, 2012) è subito la volta del primo gradino vero e proprio, e cioè del debut-album, “Spearhead Of Iron”. Registrato, missato e masterizzato da Panu Posti ai Posti Studios di Helsinki, quindi rifinito con la carta di vetro a grana grossa dalla produzione di Juha Kujanen e dall’artwork vintage di Juha Vuorma.

Si parla di ritocco finale ruvido poiché è proprio il sound dell’album a essere così. La volontà di riprodurre, oggi, quel flavour misto power metal americano (quindi ‘primi’ Omen e Fates Warning) e thrash Bay Area di fine anni ’80, porta obbligatoriamente Kujanen a tenere lontano dai Deathmarched tutte le novità, contaminazioni, evoluzioni che hanno inchiodato il death metal – perché di questo, alla fine, si tratta – ai primi attimi della sua esistenza. Potendo quindi giungere all’agognata definizione, da parte della Violent Journey Records, di old school death metal.
Definizione che, a parere di chi scrive, non corrisponde a tutta la realtà dei fatti. Il suono macinato dal quartetto di Seinäjoki è troppo lento e macchinoso per fregiarsi di tal titolo. A parte il growling di Mika Hankaniemi, questo sì, idealmente assimilabile in tutto e per tutto a quando eruttato dai primi vocalist death che, vent’anni fa, si cimentarono per primi con il genere, il resto parte davvero una sorta di heavy metal iper-vitaminizzato, rimandabile – stavolta correttamente – ai tre gruppi che i Nostri citano come influenze principali: Sodom, Venom e Asphyx.

Per una proposta che, più che ‘old’, sembra ‘demodé’. Invece che far emergere i fasti di un passato tanto lontano quanto attuale e, soprattutto, leggendario – tale cioè da rendere logica anzi indispensabile l’operazione di recupero ‘vecchio stile’ – , i Deathmarched sembrano cadere nella trappola della riesumazione di stilemi ormai definitivamente defunti, ancorché semisconosciuti ai più anche quando inseriti nel loro contesto temporale. A conforto perlomeno visivo di questa tesi c’è il disegno di copertina, molto distante di disgustosi soggetti che, proprio per esagerare in tutti i sensi, faceva (e fa) da ciliegina sulla torta sul pacchetto di prodotti tipici che occorre confezionare per poter correttamente parlare di death metal.

Death metal che, nel caso in esame, è affrontato dal combo scandinavo con un piglio scolastico che lo svuota di contenuti sia emotivi, sia innovativi. Appare evidente, cioè, che Hankaniemi e compagni si siano intestarditi sull’aspetto meramente estetico, stando sì attenti a mantenere una grande continuità stilistica lungo i trentasette minuti di durata del platter, ma lasciando da parte quella feroce, belluina istintività che, bene o male, è una delle peculiarità fondamentali del genere. Perlomeno, nell’ambito old school in cui ci si ostina a volerne far parte. Con che, svuotando completamente di ogni significato artistico un lavoro che di conseguenza diventa ‘plasticoso’, ricco di forzature per non uscire da una direzione troppo dritta, rigida e preconfezionata. In tale contesto di ordinarietà, si salvano solo alcuni passaggi doomy – peraltro anch’essi lontani dalle cadute negli abissi infernali del black metal cui deve incappare anche il death – tesi a rendere meno monotono un insieme di brani che, davvero, monotono è.

Per il resto, anche a ostinarsi ad ascoltare tante (troppe) volte il platter, la sensazione che emerge a poco a poco è quella, tragica, di avere sempre a che fare con la stessa canzone. Una monoliticità impossibile da digerire, anche se, almeno in un’occasione (“Sonderkommando III”), si tocca con mano quel i Deathmarched che avrebbero potuto fare per evitare l’inesorabile sprofondamento di “Spearhead Of Iron” nelle sabbie mobili della noia.
E che, peggio per loro, non hanno fatto.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Eve Of The Battle (Intro) 1:08
2. Go War 3:00
3. Open Fire! 3:35
4. Death Master 3:46
5. In The Gory Fields Of Death 3:32
6. Iron Coffins 4:14
7. Sonderkommando III 3:45
8. Massmurderer 2:20
9. Sniper 4:04
10. The Witch Of Horror 4:00
11. Deathmarched 3:49                                       
    
Durata 37 min.

Formazione:
Mika Hankaniemi – Voce
Hannu Kujanen – Chitarra
Esa Pennala – Basso
Juha Pohto – Batteria
 

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