Recensione: Spectrum Of Death
La moda del revisionismo storico ha resuscitato negli ultimi anni schiere di band per lo più mediocri, accomunate dalla (s)fortuna di aver registrato poco e fatto parlare di sé ancora meno. Tutto ciò che occorre è un LP relegato in qualche polveroso scatolone (una demo-tape artigianale è preferibile) e due righe stringate di biografia che gettino un alone di mistero attorno ai trascorsi dei componenti; al resto provvede qualche label nostalgica, che si affretta a bollare come ‘cult’ qualsiasi nastro passi dalle sue parti. Il risultato è un prodotto tutto sommato curato (sebbene la categoria annoveri decine di bootleg fantasma), ma prevedibilmente trascurabile per quanto riguarda la materia prima, elemento indispensabile per giustificare l’acquisto di un prodotto datato – manie di completismo a parte.
Un solo disco all’attivo, svariate apparizioni nei club di Milwaukee sul finire degli anni ’80, poi il buio: stessa storia per i Morbid Saint. Con una sola differenza: nessuno si è mai preoccupato di riportare alla luce il loro Spectrum Of Death, intralciato già all’epoca (1990) da una distribuzione estremamente povera, che costringeva i kids di Sheboygan (Wisconsin, tana del quintetto) a ordinare il disco alla messicana Avanzada Metàlica. Nemmeno l’interessamento dell’americana Grind Core (e prima ancora della Edge Records), concretizzatosi in una tiratura limitata su CD nel 1992, ha rappresentato un salto di qualità in termini di vendite, trascinando il gruppo verso il baratro dello split. Se c’è una ragione alla base di un destino tanto impietoso, essa è da ricercarsi esclusivamente nella convergenza di circostanze sfavorevoli, non ultima l’esplosione di sonorità ben lontane da quanto proposto nel debutto dei nostri; nulla manca infatti alla mezz’ora scarsa di Spectrum Of Death per meritarsi l’appellativo di underground masterpiece degli anni Ottanta, a riprova dell’aspetto contraddittorio di tutta la faccenda. La questione si ripete ciclicamente e vale come riflessione di fondo, che prescinde dalla presente recensione: quali parametri determinano lo status di cult-band e decretano la relativa qualità di un album? Le opinioni a quanto pare si sprecano.
Le note biografiche a disposizione sono scarse e confusionarie. Morbid Saint nasce attorno al 1986 come progetto ‘Evil Metal’, a indicare una proposta che tenta di offrire il non plus ultra in termini di estremismo sonoro: ne esce un ibrido thrash/proto-death micidiale, a metà strada tra la furia omicida dei conterranei Slayer (ai tempi impegnati in una sfida alla resistenza del corpo umano) e la violenza concettuale della scuola europea, da Bathory (prima era) agli Onslaught. Se la versione embrionale del debutto è già valida sul demo Lock Up Your Children (1988/89 – duecento copie esaurite nell’underground del WI), il five-piece capitanato da Pat Lind si supera con il passaggio su vinile, complice qualche lieve miglioria apportata dalla produzione di Eric Greif (già manager dei Death nel periodo ’88-’92): Spectrum Of Death è un platter senza cedimenti, che non inventa nulla ma esprime al massimo delle potenzialità un certo modo di intendere e suonare metal estremo che appartiene ormai al passato. La dimostrazione è racchiusa nelle note dell’efferata opener, campionario di riff assassini e batteria a tutto spiano che legittima agevolmente il ruolo di brano di sfondamento; bravi tutti, a partire dalla coppia d’asce Visser–Fergades, ma non passa certo inosservata la verve psicotica del già citato Lind, una sorta di Jeff Becerra meets Don Doty che costituisce la marcia in più di ogni composizione, specie nei passaggi più oscuri. Il saggio di ferocia gratuita torna in scena nella successiva Burned At The Stake (un martirio incessante) e non disdegna episodi più tortuosi, quali Assassin o la gemella Scars, tra raffiche mid-tempo e rasoiate improvvise; la velocità media si mantiene comunque elevata, a tratti impressionante, in virtù dell’ottima prova di Lee Reynolds: batterista non particolarmente vario, ma dotato del giusto mix di agilità e potenza funzionale nelle parti più spedite (Damien).
Spectrum Of Death resta il testamento ufficiale di una band che non è mai andata oltre a qualche concerto casalingo, a supporto degli emergenti Death o di qualche altra formazione con fortune alterne. La qualità indiscussa affiora oggi come allora, ma per ovvie ragioni si tratta di un prodotto destinato esclusivamente ai cultori del genere. Tappa obbligatoria per i fanatici di Slayer, Dark Angel, Possessed e Infernal Majesty: gli altri passino oltre senza ripensamenti. Anche questo alimenta la leggenda.
Federico ‘Immanitas’ Mahmoud
Tracklist:
01 Lock Up Your Children (mp3)
02 Burned At The Stake (mp3)
03 Assassin (mp3)
04 Damien (mp3)
05 Crying For Death (mp3)
06 Spectrum Of Death (mp3)
07 Scars (mp3)
08 Beyond The Gates Of Hell (mp3)
Nota a margine: data la reperibilità pressochè nulla del disco in questione – la versione LP è ormai introvabile; quella in CD raggiunge facilmente vette di 60-70 $ – un paio di fan-site hanno messo a disposizione gli mp3 originali estratti dall’LP, disponibili in link diretto nella tracklist riportata. I più curiosi possono inoltre cimentarsi nella ricerca di una fantomatica demo-tape a nome Destruction System, che sarebbe stata incisa dai Morbid Saint nel 1992: le informazioni, ancora una volta, sono poche e non sufficienti a giustificarne l’autenticità. Infine una curiosità: la copertina scelta in origine per Spectrum Of Death esibiva un disegno diverso, poi scartato per ragioni non meglio precisate. La prima versione dell’artwork, unitamente a interessanti note sui primi passi della band, è disponibile sul sito indicato nella scheda.