Recensione: Speedmachine

Di Fabio Vellata - 7 Giugno 2011 - 0:00
Speedmachine
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Anno: 2011
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Specializzata a quanto sembra, nel lancio d’album prodotti da musicisti provenienti da zone europee artisticamente meno affollate, la piccola underground label Pure Rock Records, ci offre – dopo l’insipido come back degli austriaci Speed Limit – il debut dei conterranei Klaus Schubert’s Rock Bunnies, gruppo, come già intuibile dal moniker, facente capo alla figura del leader e fondatore Klaus Schubert.

Nome, ad esser sinceri, del tutto ignoto su questi orizzonti, Schubert è in realtà un chitarrista parecchio considerato – entro i confini della natia Austria – per via della lunga militanza nei No Bros, storico e datato combo hard n’heavy tirolese, dalle origini risalenti addirittura agli albori degli anni ottanta.
La sua idea di rock band, pur non presentando davvero nulla di nuovo dal punto di vista stilistico e formale – un hard blues dai contorni “misurati” e molto classici – si propone come invece un po’ diversa dal solito in termini di semplice line up. Oltre allo stesso esperto guitar player ed al compagno d’armi Andi Brunner alle tastiere, la formazione annovera, infatti, la presenza di ben quattro esponenti del gentil sesso a completarne i ranghi, “quote rosa” responsabili del significativo nomignolo di “Rock Bunnies”.
Con tutta probabilità, un goliardico omaggio al patinato mondo delle “conigliette” di Hugh Hefner, al quale, mr. Schubert vorrebbe forse assomigliare in qualche misura.

“Speedmachine”, disco d’esordio del sestetto, si pone, come già anticipato in precedenza, in una prospettiva sin troppo agevole e facile da descrivere in breve. Molta tradizione e zero colpi di scena, una discreta sostanza più o meno diffusa ovunque, qualche inevitabile luogo comune, poca personalità ed un risultato che, nonostante tutto, sfocia in una manciata di brani di hard blues “purpleiano” dignitosamente confezionati e prodotti, seppure, lontanissimi dal rivelare un potenziale davvero competitivo agl’occhi dei grandi sostenitori del genere.

Diciamoci la verità: di canzoni come quelle inserite in questa opera prima dei Rock Bunnies, un appassionato di hard rock rock venato di blues, dalle radici a cavallo tra anni settanta ed ottanta, ne ha già sentite qualche centinaio almeno.
Siamo sinceri ancora di più: non s’intravedono, scavando nel profondo, ragioni specifiche per cui un cultore di tali suoni, debba realmente buttarsi alla ricerca di un disco che, in sostanza, non offre particolari emozioni o idee capaci di andare oltre ad una “confortevole” ed ordinaria routine di base.
Qualora tuttavia, dovesse proprio capitare di sbatterci il naso, un’occasione a “Speedmachine” si potrà comunque concedere: si scopriranno musicisti di buon valore, una cantante preparata e dalla voce interessante (Tici Weitstreciher), un tastierista innamorato del caro, vecchio Jon Lord, un ottimo chitarrista ed un nucleo di tracce apparecchiate per incontrare i favori dei più tradizionalisti che, accompagnandosi con le note di “Under My Skin”, “Hells Fire & Angel Dust” e “Let Me Down” per citare qualche titolo, pur non provando sussulti d’enorme sconvolgimento interiore, nemmeno si diranno troppo contrariati o delusi dalla miscela preparata da Schubert e dalle sue Bunnies.

Insomma, come spesso si dice in questi casi: vale un ascolto, ma per l’acquisto, meglio pensarci un po’ di più.

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Tracklist:

01.Rock Bunnies Hymn
02.Under My Skin
03.Puppet On A String
04.Heartbreakers
05.Speedmachine
06.Hells Fire & Angel Dust
07.On A Better Way
08.Let Me Down
09.Kill The Lion
10.Carry On
11.Desperados On The Run
12.When A Blind Man Cries (cover Deep Purple)

Line Up:

Klaus Schubert – Chitarre
Tici Weitstreicher – Voce
Irene Ranz – Basso
Medina Rekic – Chitarra
Joy Plattner – Batteria
Andi Brunner – Tastiere

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