Recensione: Spettri
Con una copertina davvero splendida – ripropone un olio su tela intitolato “La vita dopo la morte “ a opera di Ferìda, 1976 – che crea inconsapevolmente un perfido connubio fra l’immagine e la musica, vede la luce, quarant’anni dopo, Spettri, un lavoro tenuto nel cassetto fin dal lontano 1972 dal gruppo omonimo.
Come recita il booklet scritto da Daniele Nuti – di sedici pagine, inclusi i testi e i dati tecnici e con un packaging impreziosito dal disegno interno di Laura Strino – la band si forma a Firenze nel 1964, in pieno fermento Beat e comprende: i fratelli Ugo e Raffaele Ponticiello (voce e chitarra), Giuliano Giunti (basso) e Ubaldo Palanti (batteria), poco dopo sostituito da Mauro Sarti (La Verde Stagione, Campo di Marte). I Nostri escono con alcuni 45 giri e si fanno notare in ambito live per qualità e potenza, visto che per primi all’interno del circuito fiorentino utilizzano amplificatori per chitarra GRS da 100 watt, per l’epoca rivoluzionari.
Seguono diversi cambi di line-up e una netta sterzata verso sonorità più dure, intorno al 1970, con cover di Black Sabbath e Deep Purple. Cresce l’interesse della band verso il genere d’Avanguardia – termine del periodo assimilabile al Prog ante-litteram – che comprende Colosseum, King Crimson e tutto l’immaginario musicale collegato.
Sulla spinta di queste influenze gli Spettri concepiscono un concept ove un uomo, dopo aver vissuto l’esperienza di una seduta spiritica, parte alla ricerca di se stesso intraprendendo un viaggio attraverso la metafisica e all’aldilà che però si trasforma presto in un incubo, lasciandolo abbrutito da tutti i mali della società moderna. E’ avvilente notare come certune problematiche fossero già ben presenti nel 1972 e nonostante mille battaglie ideologiche ma non solo la situazione fondamentalmente non sia cambiata più di tanto. Dal punto di vista musicale il tutto si tramuta in una suite suddivisa in quattro parti – più intro recitato -, nella quale la componente Hard convive con quella più marcatamente Prog, in un tourbillon che vive di sfide fra la chitarra acida di Raffaele Ponticiello e l’Hammond di Stefano Melani, con la voce credibile e minacciosa di Ugo Ponticiello a sublimare un composto che lascia il giusto spazio anche a basso e batteria. I riferimenti del periodo si possono collocare fra Colosseum, Black Widow, Jethro Tull e Black Sabbath. E’ curioso notare che nella foto a pagina quattro del booklet uno dei componenti degli Spettri risulta in pratica come la fotocopia sputata di Geezer Butler.
Di fatto il lavoro si appropria totalmente del set-list proposto dai Nostri all’interno dei numerosi concerti suonati fra la Toscana e il Lazio, fra i quali spiccano anche raduni di musica Pop. Nel libretto vi sono due intriganti scatti che testimoniano la vittoria degli Spettri nel corso di una rassegna tenuta presso la famosissima discoteca Altro Mondo di Rimini.
Grazie al sempre prezioso contributo dell’etichetta Black Widow Records nel 2011 viene riesumata e rimasterizzata questa suite inedita, composta a cavallo fra il 1970 e il 1971, ma registrata soltanto nel 1972 in un unica sessione, precisamente il 13 ottobre, a Milano.
Sia chiaro, i capolavori Prog degli anni Settanta sono stati scritti altrove, comunque Spettri costituisce una piacevolissima sorpresa che testimonia ancora una volta, se mai fosse necessario, il fermento musicale che animava in quel periodo lo Stivale tricolore. Il lavoro assume particolare valenza nei confronti di quell’operazione, in fondo mai sopita, di studio e approfondimento della compenetrazione fra le sonorità dure e quelle allora in voga all’interno dell’establishment musicale alternativo al commerciale.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Tracklist:
1. Introduzione
2. Stare Solo
3. Medium
4. Essere
5. Incubo
Line-up:
Ugo Ponticiello – voce
Raffaele Ponticiello – chitarra elettrica e acustica
Vincenzo Ponticiello – basso
Stefano Melani – organo Hammond
Sergio Di Ruvo – batteria