Recensione: Spider on the World

Di Andrea Bacigalupo - 18 Aprile 2024 - 8:30

I Ravage di Boston, Massachusetts (da non confondersi con altre 5 o 6 band dallo stesso nome) sono nati nel 1995 da un’idea dei Fratelli Firicano: Alec “Ravage” (voce) ed Eli Joe (chitarra).

Leggendo la loro storia, l’aggettivo che mi viene in mente per questa band è “coraggiosa”: prima di tutto per essersi messa a suonare del vero Heavy Metal in un periodo dove se lo “filavano” in pochi, con il pubblico della musica dura più rivolto alle proposte Grunge ed Alternative che ad altro, e poi per aver resistito sia ad un numero di cambi di formazione superiore a quello delle attrici in un film con il Rocco Nazionale, sia ad una “gavetta” molto intensa, con dieci anni trascorsi tra palchi, EP, Demo e Live Album prima di arrivare a produrre il Full-Length di debutto: ‘Spectral Ride’ del 2005.

Da lì, la discografia è rimasta abbastanza rada, con il secondo LP uscito nel 2009 (‘The End of Tomorrow’), il terzo nel 2017 (‘Return of the Spectral Rider’) ed ora il quarto: ‘Spider of the World’, disponibile dal 19 aprile 2024 tramite Thrash With Power Records.

Invece la lineup è diventata più stabile, difatti, i due Fratelli, insieme al chitarrista Nick Izzo, costituiscono dal 2005 il nucleo solido del combo, sul quale ruota una sezione ritmica sì cangiante ma neanche troppo, con un ricambio integrale dopo il secondo album ma la sola sostituzione del batterista (Tony Belchior al posto di Derek Jay) per il quarto. Il bassista Tommy Grimaldi rimane in campo (noto con piacere che i cognomi di origine italiana abbondano nei Ravage).

Rispetto al passato la formula non cambia: ‘Spider of the World’ è un concentrato di True Metal nudo e crudo, privo di qualsiasi contaminazione od orpello, come mamma, Judas Priest, lo ha fatto.

Neanche, che so, un’intro sinfonica, una narrazione evocativa, un estratto di chitarra classica o l’uso di tastiere riempitive: solo basso, chitarre, batteria e voce per dare origine a pezzi dal tiro spedito e fulminante, dai tratti epici ma anche scuri.

Vero Heavy Metal, appunto, che al giorno d’oggi ci sta di nuovo benissimo. Effettivamente, non sono gli anni ’80 del denim, chains and leather, ma neanche la metà degli anni ’90 quelli del disagio e della disperazione, oggi c’è maggior spazio per tutti e sempre meno “settorizzazione”.

Come risultato, diciamo che ci siamo: nulla di nuovo ma piacevole; se si vuole ascoltare un album di crudo metallo senza rivolgersi alla parte “sicura” della propria discografia con i sempiterni ‘Screaming for Vengeance’, ‘The Number of the Beast’ o ‘Strong Arm of the Law’, questo ‘Spider of the World’, pur se è lontano dal raggiungere quei livelli, va benissimo.

I riferimenti sono a tonnellate: Judas Priest, Saxon, Iron Maiden, Blaze Bayley per la scena Inglese, Running Wild e Grave Digger per quella Tedesca, i Metal Church ed i Riot meno Thrash per l’US Power statunitense … ed anche altri che vi vengono in mente.

Spider of the World’ ha anima da vendere e queste influenze così marcate lo rendono vero, dimostrando che i Ravage se ne sbattono dell’originalità e vogliono suonare quello che piace a loro, con tecnica e cuore, con brani che scatenano dei bei fulmini, come le pungenti ‘Manmade Ice Age’ e ‘Face of Infamy’, o che sanno di gloriosa vittoria, come le epiche ‘Sign of the Spider’ e ‘Amazon Burning’, o che instillano una punta di Thrash, come la Title Track. C’è anche una malinconica ‘Without a Trace’, che parte come ballad ma poi accelera e s’infiamma, ed una cupa ‘Corruption of Blood’, dall’andatura greve e marziale.

Insomma, una buona scaletta, varia e mai monotona, con sentite parti vocali (ma tanto tendenti ad emulare Bruce Dickinson, John Cyriis ed il già citato Blaze Bayley) e soliste. Nulla di straordinario, come già detto lontano dal raggiungere la vetta dei classici, ma genuino, ed è soprattutto per questo che, alla fine, ‘Spider of the World’ piace, perché è un vero pezzo di acciaio incandescente.

Spider On The World’ è stato prodotto dalla band assieme a Pete Rutcho dei Damage Studios, che ha mixato album per band del calibro di Revocation, Danny Elfman, Havok e altri.

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