Recensione: Spirit Of The Forest
Neonata creatura finlandese della Napalm Records, i paganissimi Korpiklaani, ovvero Clan della Foresta, debuttano con questo Spirit Of The Forest nel novembre 2003. La band, nata dalle ceneri dei defunti Shaman, è visibilmente legata al culto della natura e forgiata a propria immagine e somiglianza dal leader Jonne Järvelä, personaggio noto agli amanti del genere per aver per aver suonato con i Finntroll in quel gioiello chiamato Jaktens Tid.
A dare inizio alle danze, è proprio il caso di dirlo, ci pensa l’ottima Wooden Pints, trascinante con il violino sostenuto dalle chitarre distorte e con la voce di Jonne sporca e aggressiva al punto giusto. L’orecchio attento sarà anche in grado di cogliere stratagemmi quali un rudimentale tamburo di pelle fare da eco alla grancassa, dettagli preziosi nel genere e capaci di dare un tocco in più a quello che, inutile nasconderlo, è probabilmente l’apice dell’album. Lontano secoli da quello che l’ascoltatore poteva aspettarsi, ad aprire la successiva Before The Morning Sun troviamo un riff al limite dell’heavy. La sorpresa dura però poco più di venti secondi, ovvero quando la detonazione a base di velocità e evoluzioni di violino giunge a riportare il tutto sui binari del folk, binari che il pezzo non abbandona più per tutta la sua durata. Il viaggio nei boschi scandinavi procede con God Of Wind, composizione che alterna parti veloci di violino a strofe leggermente più lente che poggiano sullo scheletro formato dalle chitarre. Un modo di scrivere che caratterizza tutto quanto questo lavoro. Con With Trees, episodio che si protrae per più di otto minuti divenendo il più lungo del disco, i ritmi si calmano notevolmente. Compare la chitarra acustica che con il suo semplice arpeggio crea la base di una canzone dove violino, flauto e chitarra distorta si alternano creando melodie lente e a tratti quasi malinconiche. Sicuramente una delle composizioni più ispirate. Pellonpekko, scritta dal violinista Jaakko Lemmetty (Hittavainen), è l’unica traccia di questo lavoro non concepita dalla mente di Jonne. Si tratta di una esecuzione di violino molto gradevole, capace di essere vivace senza essere frenetica, affiancata da una sezione ritmica essenziale. A questo punto, giunti ormai al cuore della foresta, troviamo quattro pezzi che riprendono e ripropongono i tratti di inizio album: ritmo alto e violino che va e viene facendo la parte del protagonista. Sono You Looked Into My Eyes, Hullunhumppa, Man Can Go Even Through The Grey Stone e Pixies Dance. Parentesi certamente godibile, ma che non aggiunge niente di nuovo a quanto sentito fino ad ora. La breve strumentale Juokse Sinä Humma (Keep On Running You My Horse) è la rivisitazione in chiave metal di un motivo folk della tradizione finnica. La breve ballata si fonde benissimo con il resto del disco senza risultare episodio isolato; ennesima testimonianza di quanto questa band debba alla tradizione popolare e ai suoi stilemi. La seguente Crows Bring The Spring parte con un arpeggio che si intreccia in maniera ben fatta con il flauto per poi esplodere. La chitarra ed il suo riff risultano più marcati e presenti del solito, aiutati anche dal ritmo piuttosto blando rispetto ai canoni soliti, una parte di batteria ridotta all’osso e il violino non così in evidenza come nel resto del cd. L’assolo è uno scambio di battute tra flauto e chitarra mentre il finale è affidato al fraseggio di inizio brano. Hengettömiltä Hengiltä (From The Dead People`s Spirit) è un breve stacco di percussioni con una voce roca e sussurrata. Poco più di mezzo minuto che funge da intro per la successiva Shaman Drum, la quale prosegue lineare e cadenzata per svanire in conclusione in una parte vocale che sembra quasi una preghiera o un rituale. Si decelera ancora con la lenta e pacata strumentale (la quinta dell’album) Mother Earth, uno dei pochi frangenti in cui le parti soliste sono affidate alla chitarra. È il rilassante epilogo che ci conduce alla conclusione.
Alla fine dei balli e dei canti cosa resta? Sicuramente un lavoro folk ben suonato che racchiude l’essenza dell’hummpa finlandese. Ottimo da ascoltare di tanto in tanto muovendo il piede a ritmo, magari con un boccale di birra in mano; il vero problema di questo Spirit Of The Forest è che offre tutto ciò che ha da dare ai primi ascolti non elevandosi al rango di “album che non stancherà mai”. Questo perché il songwriting, praticamente tutto ad opera di Jonne Järvelä, pecca abbastanza di ripetitività, specialmente a livello di idee. Le melodie si assomigliano spesso le une con le altre e le strutture e gli schemi delle canzoni si ripetono troppo di frequente, restando faticosamente in bilico sul filo che divide quello che può essere considerato un marchio di fabbrica dalla mancanza di idee. Il violino fa praticamente sempre la parte del padrone assoluto, guidando i pezzi e dettando legge, mentre gli altri strumenti sono relegati ad un ruolo che può risultare troppo marginale. Ciò non toglie che per gli amanti del folk questo sia sicuramente un buon acquisto, mentre agli altri conviene dirigersi verso i capostipiti del genere, o passare oltre.
Tracklist:
1. Wooden Pints
2. Before The Morning Sun
3. God Of Wind
4. With Trees
5. Pellonpekko
6. You Looked Into My Eyes
7. Hullunhumppa
8. Man Can Go Een Through The Grey Stone
9. Pixies Dance
10. Juokse sinä humma (Keep on running you my horse)
11. Crows Bring The Spring
12. Hengettömiltä Hengiltä (From the dead people`s spirit)
13. Shaman Drum
14. Mother Earth