Recensione: Spiritual Black Dimensions
Opera difficile quella dei Dimmu Borgir al momento di scrivere questo album. Ben radicata nella mente di ognuno era infatti la superlativa prova da loro data con il precedente disco, l’immortale Enthrone Darkness Triumphant. Difficile, se non impossibile, quindi come si diceva riuscire a fare di meglio e ancora più difficile riuscire a non deludere i propri fan e in generale il pubblico metal che da sempre mal sopporta le sterili copiature.
Ebbene, sembra strano ma i Borgir riescono nell’arduo compito che si erano prefissi.
Parliamoci chiaro, non si tratta di un capolavoro assoluto come Enthrone, ma questo Spiritual Black Dimensions ha ben più di una freccia al suo arco e sopratutto riesce a non annoiare. Per chi infatti si aspettava un clone del disco precedente non c’è molto spazio. I Borgir riescono nel difficile compito di non copiare se stessi e la formula vincente del disco precedente per tentare qualcosa di nuovo.
Cosa io intenda per qualcosa di nuovo lo notiamo subito nella prima canzone.
Reptile si apre con un intro di violini molto cupo per l’entrata in scena della voce di Shagrath che sembra essere addirittura migliorata rispetto ad Enthrone, secondo me una delle voci migliori di tutto il panorama black. Fin qui nulla di nuovo, il primo brano dell’album precedente si apriva all’incirca nello stesso modo. Ma la sorpresa arriva al momento di attaccare il ritornello. Incredibilmente troviamo il cantato pulito invece del growl che aveva fatto tanto apprezzare la voce di Shagrath e ci rendiamo conto che la voce resta bella anche sulle melodie pulite.
Subito dopo attacca Behind the Curtain of Night , una canzone che ci riporta un po’ indietro con la memoria al disco precedente e una di quelle più potenti e cattive di tutto il disco, non molto lunga, forse una delle più corte, ma veloce e distruttiva.
Il cantato pulito non rimane un caso isolato sulla prima canzone ma torna a farsi apprezzare come un azzeccato esperimento completamente riuscito anche sulla terza traccia Dreamside Dominions una delle mie preferite su tutto il disco. In questo caso la voce pulita non si limita come in Reptile ai brani del ritornello ma spazia lungo tutto il testo della canzone, in cui spesso troviamo brani cantati prima in growl e poi in pulito e viceversa.
Esperimento riuscito come si diceva perchè questi inserti del cantato pulito riescono a dare maggiore spessore alle canzoni rendendole più sfaccettate. Aggiungono una dimensione in più (tanto per rimanere in tema con il titolo del disco) ai brani di questo disco rendendoli più interessanti.
Altro dato da far notare è sicuramente rappresentato dalle parti strumentali. Gli inserti sinfonici già molto apprezzati in Enthrone qui aumentano, diventano più lunghi, più elaborati e acquistano un ruolo di maggiore importanza nel songwriting.
A farsi notare da questo punto di vista è sicuramente la quinta traccia The Promized Future Eons che si apre con un lungo intro strumentale sinfonico di oltre un minuto e mezzo, molto cupo e d’atmosfera per poi irrompere con un’accostamento di chitarra, batteria e tastiera a formare un brano velocissimo.
Le tastiere sono infatti un’altro dei punti forti di questo disco che ha nelle novità nel sound dei Borgir il proprio punto forte.
In conclusione un disco che per ovvi motivi non raggiunge i livelli di eccellenza del precedente, ma che grazie a una migliore produzione, alle novità nel songwriting, la maggior preminenza delle partiture sinfoniche e il cantato pulito offre più di uno spunto interessante.
Da ascoltare per rendersi conto di come si può risultare sempre interessanti aggiungendo nuovi elementi senza per questo tradire il proprio sound.
Track list
01 Reptile
02 Behind the Curtain of Night – Phantasmagoria
03 Dreamside Dominions
04 United in Unhallowed Grace
05 The Promised Future Eons
06 The Blazing Monoliths of Defiance
07 The Insight and the Catarsis
08 Grotesquery Conceiled (with measureless magic)
09 Arcane Lifeforce Mysteria