Recensione: Spiritual Revolution Part Three

Concettualmente evoluto, complesso e molto ambizioso, il lungo ed articolato progetto dei Sailor Free che ha per titolo “Spiritual Revolution” giunge al termine.
Iniziato nel 2012 e distribuito nell’arco di tre album, il sontuoso concept ideato dal polistrumentista David Petrosino è un fascinoso viaggio che prende spunto dal Silmarillion di Tolkien per inoltrarsi nell’immaginario fantastico della SRP, acronimo di Spiritual Revolution People.
Un movimento che attraverso la condivisione della conoscenza e delle risorse universali, si propone come base per la costruzione di una umanità nuova e maggiormente consapevole, in cui i quattro passaggi chiave, suggellati dalle quattro spirali d’oro di diverso colore, sono il progressivo avvicinamento ad una filosofia utopica in cui cultura e arte “condivise” creano un nuovo pensiero.
E donano un nuovo “respiro” al mondo ed alla sua umanità.
Liberazione e condivisione. Due parole chiave che come suggerito dalla stessa filosofia studiata dai Sailor Free, innervano nel profondo anche la visione artistica e musicale del gruppo romano.
Liberi da schemi rigidi e definiti, i brani assumono forme differenti da un ipotetico prog rock convenzionale e di facile ascolto. Influenze molteplici che danno un senso compiuto alla definizione di “art rock” cucita addosso alle composizioni che da sempre costituiscono lo stile dei Sailor Free.
Rock alternativo, prog, hard, psichedelia ed elettronica legati assieme in un flusso sonoro difficile da assimilare e complesso nel suo dipanarsi. Un disco del quartetto romano non è mai una “passeggiata di salute”, nulla che si possa digerire a cuor leggero come un banale prodotto usa e getta. “Spiritual Revolution” cerca di scavare nel profondo, rivelando una classe non comune nel costruire i brani e parimenti un sottile magnetismo che induce a riascoltare il disco più volte nonostante le dissonanze, le atmosfere un po’ aliene e le strutture poco convenzionali.
Sperimentale così come è nella essenza dell’intero progetto, “Spiritual Revolution” gode di una tecnica sopraffina: non potrebbe essere altrimenti. La cura con cui vengono cesellati i pezzi è assoluta e l’idea che nulla sia lasciato al caso, una costante che accompagna l’ascolto dell’intero cd.
Del resto, tredici anni per completare un’opera così complessa, sono chiaramente esemplificativi di quanto sia stato impegnativo e strutturato il suo concepimento. Non mancano tuttavia, momenti orecchiabili e di maggiore fruizione a bilanciare nel concreto un buon equilibrio tra sperimentalismi e facilità. In effetti i brani non sono mai eccessivamente lunghi e mantengono interamente la classica forma “canzone”. Le atmosfere stoner-grunge del singolo “Incognito” ad esempio, garantiscono un’ottima resa grazie ad una melodia lisergica e riff spigolosi cui è difficile non appassionarsi.
L’incedere pinkfloydiano di alcuni passaggi ricalca pure alcune delle nuove realtà del settore prog più ardito come Soen e Advent Horizon, rendendo la proposta dei Sailor Free un crogiuolo di influenze che sorprendono e talora spiazzano. Ma più di tutto affascinano, marchiando con grande stile un concept gigantesco ed impegnativo cui non basteranno pochi passaggi per essere metabolizzato e reso familiare.
Non c’è moda, non esistono trend, non compaiono mezzi facili. In brani ipnotici come “So Beautiful” e “Let Me In” c’è tutto quello che Geoff Tate ha sempre cercato di ottenere nella sua produzione solista. E pure un po’ di David Bowie, quello visionario e stordente dell’ultimo periodo della sua esistenza.
La notevolissima “Disappear”, che in qualche modo ci ha ricordato le ambientazioni notturne di “Della Brown” dei Queensryche, suggella in modo definitivo la bontà dell’opera costruita dai Sailor Free con un altro brano che decisamente non si “improvvisa” e non nasce per caso.
Da meditare e lasciar sedimentare con assoluta calma. I concetti sono pregnanti e la strada per metterli in musica non delle più agevoli. Tuttavia l’esperienza dei Sailor Free si conferma ricca e strutturata. Un prog carico di sfaccettature che svela le proprie qualità solo con pazienza e dedizione. In tempi in cui tutto viene frullato e reso facile per la massa, una scelta stilistica non proprio comune.
Di certo, non di quelle che premiano nei confronti del grande pubblico…