Recensione: Spoils Of Failure
Ritorno in grande stile per i Buried Inside, combo canadese con dodici anni di
carriera alle spalle e quattro full-length pubblicati all’attivo. La band di
Ottawa, nel corso di questo decennio, è riuscita pian piano a forgiare un sound
di chiara matrice sludge, dal quale però fuoriescono buone dosi di personalità e
intelligenza, sopratutto per quanto riguarda un songwriting curatissimo nei
minimi dettagli. A ben
quattro anni di distanza dall’ottimo Chronoclast, il gruppo torna a farsi sentire
con Spoils Of Failure, quarto studio album ufficiale edito dalla Relapse Records.
Pesante, questo nuovo capitolo dei Buried Inside scorre lento e pesante per
tutta la sua durata, senza mai lasciare un qualsivoglia momento di respiro a chi
avrà la giusta pazienza per ascoltarlo. Quella che ci troviamo di fronte con
Spoils Of Failure è un’opera di dimensioni mastodontiche, dove a farla da
padrona c’è sempre un’atmosfera drammatica, soffocante e al limite del doom
nella sua forma più estrema. È infatti questo il sound della band canadese, una
proposta musicale sempre al limite, ma attenta a non oltrepassare del tutto la linea di
confine del genere. Le lezioni assimilate sono in primis quelle di Neurosis ed
Isis, però rielaborate con una certa personalità, sopratutto per quanto riguarda
alcune aperture a volte più “progressive”, a volte caratterizzate da accenni
melodici che ritroviamo sopratutto nei riff cadenzati delle chitarre. Tutto
questo a sorreggere le urla disperate di Nicholas A. Shaw, il quale esterna nel
migliore dei modi quei sentimenti di dolore e frustrazione che caratterizzano le
composizioni del gruppo.
Già l’iniziale I è paragonabile a tutti gli effetti ad una seduta d’ipnosi, dove
la supremazia assoluta è tutta delle chitarre e del loro alternarsi fra arpeggi
sognanti e scariche più adrenaliniche ed elettriche, capaci di rapire la mente
dell’ascoltatore e trasportarla verso territori sconosciuti, dove a regnare è
sempre un’atmosfera di desolazione e oscurità perenne. Un vero e proprio viaggio
quindi, che si concluderà dopo poco più di cinquanta minuti con il grandioso
finale dedicato agli ultimi spasmi di dolore che fuoriescono da VIII.
In mezzo a tutto questo, in un turbine di ansia, frustrazione e depressione,
sentimenti che vengono tramutati egregiamente in musica, si erge il colosso
solitario che porta il nome di III: highlight assoluto dell’intero
lavoro e anche l’episodio più difficile da assimilare nell’immediato, sia a
causa della sua durata considerevole (undici minuti circa), sia, sopratutto, per
quell’aurea maligna ricreata al suo interno dagli accordi ossessivi e
decisamente snervanti ad opera del sempre ottimo lavoro delle chitarre. Resta
poco da dire per quanto riguarda il restante della tracklist, poche parole per
descrivere una serie di tracce che, alla fine dei conti, risultano essere unite
da un unico filo conduttore. Il tutto paragonabile solamente ad una lenta e dolorosa marcia in un tunnel dove la
via d’uscita sembra essere introvabile, e dove a regnare è sempre e solo
l’oscurità più fredda e deprimente.
Abbastanza difficile da assimilare, se non dopo una buona, buonissima dose di
ascolti, Spoils Of Failure brilla sopratutto per un songwriting
maturo e pieno di zeppo di personalità. Tutte luci e
niente ombre quindi? In un certo senso sì, anche se, un lavoro di queste
dimensioni risulterà essere decisamente pesante e indigesto per le orecchie di
chi non ha così tanta familiarità con il genere in questione, ma chi avrà la
pazienza di assimilarlo, non ne resterà sicuramente deluso.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
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Tracklist:
01 I
02 II
03 III
04 IV
05 V
06 VI
07 VII
08 VIII
Line Up:
Nicholas A. Shaw: vocals
Andrew Tweedy: guitar
Emanuel Sayer: guitar
Stephen A. Martin: bass
Michael B. Godbout: drums