Recensione: Stagnated Existence
Sembrava non arrivare mai il momento di Stagnated Existence.
Sei anni di attesa dopo
Perceptive
Deception e un notevole ritardo nella pubblicazione da parte della
Neurotic Records, avevano creato una crescente attesa attorno al secondo
full-length degli olandesi Disavowed, una delle formazioni di punta del
brutal death europeo.
Ascoltando Stagnated Existence sembra che tutto questo tempo
non sia trascorso per Robbe K e compagni, riprendendo il discorso
intrapreso con il debutto. I nostri non hanno cambiato la matrice tecnica del
proprio sound, riproponendo con la consueta classe un lotto di canzoni
continuamente in bilico tra soluzioni articolate ad altre più semplici e
dall’impatto immediato, sempre senza tralasciare momenti groovy molto
accattivanti, velocità sostenuta, violenza e dinamicità. Sono questi gli
ingredienti della musica dei Disavowed, che seppur con richiami neanche
troppo velati ai capiscuola americani, riescono a ritagliarsi un determinato
spazio nello sterminato panorama brutal, grazie a una vena compositiva di
fattura superiore, unita a una preparazione tecnica di primissimo ordine.
Sin dalle prime note di Stagnated Existence si percepisce la
maturazione dei nostri, volta a rendere ancor più intricati i fraseggi di
chitarra e lo svolgimento generale delle canzoni, puntando maggiormente sulle
continue variazioni operate dalla coppia Gerben van der Bij e Daniel
Van Der Broek piuttosto che sulla violenza pura di brani come Rhizome
o Abolition Of Impediment. Una volontà che si riscontra anche nella
scelta della produzione, volta a valorizzare ogni singolo strumento, e nella
voce di Robbe K, stavolta molto più “naturale” nei suoi continui
gorgheggi. Una ripulita generale insomma, che non ha minimamente intaccato la
particolarità dei Disavowed, ovvero miscelare sapientemente potenza,
tecnicismi e facilità d’ascolto, che in Stagnated Existence
raggiunge livelli altissimi in brani come Treason, Restricted
Conceptions, o Divided by Condemn ad esempio, fra i migliori episodi
brutal del 2007, o nella conclusiva The Veils of Misconception, in cui il
solo seguire le trame di tutti gli strumenti vi farà venire un bel mal di testa!
Una nota di merito è doverosa per il nuovo batterista Romain Goulon,
perfettamente entrato nella parte con un drumming tentacolare e precisissimo,
che dona una marcia in più a tutti i pezzi del disco. Un ottimo prodotto dunque,
impreziosito da un artwork ben curato (come da tradizione Neurotic) e da
alcune tracce multimediali molto interessanti e divertenti. Un ritorno in grande
stile e un disco che non può passare inosservato.
Stefano Risso
Tracklist: