Recensione: Stained Class
Prepare to fight, unsheathe
your scythe a ghastly beam of ill
To slice the life with blinding light
and seventh dimensional skill.
(White Heat, Red Hot)
Gli indiscussi padri dell’Heavy Metal tornano alla ribalta nell’anno 1978 con il masterpiece “Stained Class” che irrompe come un fulmine a ciel sereno su una scena musicale, per quanto riguardava il rock duro, bistrattata da ogni parte. Abbandonato il flavour epico del pioneristico capolavoro “Sad Wings Of Destiny”, (per molti esperti primo disco di Heavy Metal della storia) i Judas Priest continuano il percorso musicale nettamente più grezzo e diretto intrapreso con il discreto e precedente “Sin After Sin”. Certo è che i capolavori che la band rilascerà nel corso degli anni 80 riusciranno nella difficile impresa di superare in magnificenza questo “Stained Class”, ma resta il fatto che questo disco, oltre ad essere un baluardo dell’Heavy Metal anni 70, possiede tuttavia un valore di importanza cruciale per la band e per la musica del tempo, infatti segna un ulteriore indurimento del sound, primordiale e metallico preludio ai già citati capolavori che di qui a pochi anni costelleranno il firmamento della musica più eroica del mondo, l’Heavy Metal.
Il disco è aperto da Exciter, una delle canzoni più agghiaccianti e dirette del lavoro. Parliamoci chiaro, Exciter era tra il meglio del meglio che a quel tempo l’Heavy metal poteva offrirci, riff travolgenti, cantato aggressivo, refrain perfetti, assoli senza tempo. La seguente White Heat, Red Hot ha il compito di riportarci a memorie più consone a lidi rock anni 70 mentre la successiva reimpretazione di Better By You Better Than Me (cover di Spooky Tooth e Wright) ridona al tutto un che di metallica e frizzante energia grazie a quei riff energici e granitici che, nella versione targata Priest, si vestono di rinnovata energia. Dà sicuramente il meglio di se Les Brinks nella seguente, nonchè title track, Stained Class, accompagnata da un incessante drumming, mentre l’ottima Invader è sicuramente un burrascoso preludio per la prossima tempesta d’acciaio denominata Saints In Hell, uno degli indiscussi picchi del disco, canzone che si snoda attraverso ossessivi ed ossianici riff scanditi dalla prova di Rob “The Only Metal God” Halford che tra screaming ed acuti distruttivi ci regala sicuramente una delle prestazioni migliori di tutto il platter. Savage è un altro ottimo brano di gran classe che ci prepara ad un’altra indiscussa hit del platter, si parliamo proprio della mastodontica, oscura e solenne Beyond The Realms Of Death, un’apocalittica suite introdotta da un delicato arpeggio che ci accompagna misticamente durante tutto l’arco della durata del brano, interrotto da improvvise sfuriate assolutamente”made of steel”, per poi riprendere nel suo lento, asfissiante, sognante ed armonioso incedere, segno tangibile della assoluta maturità musicale raggiunta dalla band, maturità musicale che si rispecchia anche attraverso testi incredibilmente in sintonia con il sound sprigionato (dal contenuto quantomai emblematico e profondo).
Il masterpieces è chiusto dalla sanguigna ed enigmatica Heroes End che pone il sigillo (rigorosamente di acciaio) su di un album che ha plasmato la storia dell’Heavy Metal targato “seventy”, indiscussa pietra miliare per la carriera di una band che ha fatto la storia della nostra musica più di chiunque altri e che ben presto costellerà gli anni 80, oramai alle porte, di una incredibile serie di capolavori senza tempo.
Vincenzo Ferrara
Tracklist:
01) Exciter
02) White heat, red hot
03) Better by you, better than me
04) Stained class
05) Invader
06) Saints in hell
07) Savage
08) Beyond the realms of death
09) Heroes end