Recensione: Starfall
Che il filone power-metal sia inflazionato da diversi anni a causa delle decine e decine di band (perlopiù europee) messe sotto contratto da etichette storiche e non, è sotto gli occhi di tutti.
Raramente, di conseguenza, il relativo rapporto qualità/prezzo del prodotto soddisfa l’esigenza di ascoltare buona e personale musica in questo settore e, nella fattispecie, il caso di questi Dragonland seppur non sia dei più negativi, non può convincere un qualsiasi ascoltatore amante del genere a prenderli seriamente in considerazione.
I Dragonland nascono nel 1999 e con Starfall tagliano il traguardo del terzo studio-album che segue The battle of the ivory plains e Holy War pubblicati rispettivamente nel 2001 e nel 2002 sotto la greca Black Lotus Records.
Registrato nei Division One studios tra giugno e luglio 2004, Starfall è il classico lavoro senza infamia e senza lode che si lascia degustare dall’intro all’outro senza particolari problemi, power preciso, pulito, raffinato che ha la solita pecca rappresentata dalla staticità nelle composizioni dei singoli brani.
Tecnicamente, i musicisti che compongono la formazione dei Dragonland sono ineccepibili e dispongono inoltre di due produttori di tutto rispetto: Tom S. Englund (Evergrey) e Arnold Lindberg (tecnico del suono nello Europe Start from the dark – tour), professionisti in grado di tracciare una linea guida che ha portato una ventata di freschezza nel dischetto argenteo in discussione.
A mio avviso, con l’opener As madness took me, Starfall raggiunge su un ipotetico piano cartesiano dove l’ascissa e l’ordinata rappresentano rispettivamente personalità e stile compositivo, con il punto più in alto a destra che non verrà “minato”, nel corso dell’ascolto, da nessuna delle successive dieci track restanti.
Si fanno comunque apprezzare la title track Starfall e The Shores of Our Land che contiene al suo interno un passaggio medievaleggiante di ottima fattura, The Returning che è il pezzo che più mi ha ricordato da vicino band finniche quali Stratovarius e Sonata Arctica per via delle note di tastiera sciorinate a cascata ed intrecciate sapientemente col suono sporco delle chitarre di Olof Morck e Nicklas Magnusson.
Prevalentemente impersonale la prova del vocalist Jonas Heidgert che pecca di interpretazione rendendo piatto il suo settore di competenza.
Il terzetto finale che risponde a nome di The book of Shadows non aggiunge nulla a quanto già ascoltato fino ad ora e non mi resta che trarre le dovute considerazioni finali: se siete amanti spassionati del sound scandinavo, consiglio di dare un ascolto a Starfall; altrimenti volgete il vostro sguardo verso le più importanti (qualitativamente parlando) uscite di questi ultimi mesi.
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
1.As Madness Took Me
2.Starfall
3.Calling My Name
4.In Perfect Harmony
5.The Dream Seeker
6. The Shores Of Our Land
7.The Returning
8.To The End Of The World
The book of shadows:
9.Part I: A Story Yet Untold
10.Part II: The Curse Of Qa’a
11.Part III: The Glendora Outbreak