Recensione: Start From The Dark
Sono passate ormai tredici primavere da Prisoners in Paradise, episodio datato 1991, che fino a pochi giorni fa era l’ultima testimonianza da studio degli Europe. Un disco giunto cinque anni più tardi di quel The Final Countdown che aveva proiettato una Hard/Prog Rock band nel firmamento dei grandi, trascinandola ai limiti della scena pop. Un lavoro che in un schioccar di dita aveva innalzato un riff di tastiera a monumento della storia della musica, ma che con altrettanta rapidità aveva offuscato tutto quanto di buono la band aveva fatto negli anni precedenti e nello stesso The Final Countdown. In queste due decadi i cloni della formazione svedese si sono susseguiti uno dopo l’alro, mentre gli Europe originali erano impegnati in progetti solisti più o meno noti. Oggi, con tanti centimetri di capelli in meno e tanti anni di più, quella formazione si ripresenta sulle scene e sul mercato con un disco che farà discutere e sopratutto dividerà.
Come si può non aver timore di premere ‘play’ quando dopo aver letto tante belle parole e tanti bei propositi ci si trova di fronte a un singolo, Hero, che sembra uscito dall’album cometa di una delle tante boyband sdolcinate prodotte dai paesi anglosassoni negli ultimi anni? Un pezzo poco sopra la mediocrità che oltre ad aver mutilato una buona fetta di entusiasmo ha risvegliato i fantasmi dello scetticismo, quantomai giustificato, nei confronti di una delle tante reunion degli ultimi tempi…
Sin dalle prime note dell’opener Got To Have Faith c’è ben poco (o nulla) di buono e tanto da temere. Come un’improvvisa pugnalata alla schiena il pezzo si presenta con un’accoppiata riff/distorsione post-moderna da lasciare assolutamente interdetti, sviluppandosi poi attraverso percorsi e partiture inaspettate che hanno ben poco a che spartire con la tradizione abbracciata e scritta dagli Europe. Con Start From The Dark quello che era solo un preoccupante monito diviene pura inconfutabile realtà, e così anche la title-track e la successiva Flames scadono negli stilemi del peggiore rockettino mainstream moderno. Dopo lo spiazzante trittico di apertura anche quella che doveva essere (almeno nelle speranze) un passo falso dell’album, come l’orecchiabilissima pop-rock ballad Hero (dedicata a Phil Lynnot), diviene un’indispensabile boccata di ossigeno. Passato ormai un quarto d’ora dall’inizio di questo Start From The Dark, finalmente in apertura di Wake Up Call compare un riff vagamente ispirato. Peccato però che ancora una volta il proseguo della canzone sia tutt’altro che convincente. Avanti così dunque, con una Sucker dal ritornello degno di una band punk-rock di liceali o una America che sembra uscita dalla rotazione pomeridiana di Mtv. Cinte(ahimè) da tanta tristezza riescono a brillare persino due pezzi assai modesti come Song#12 o Reason, meritevoli di possedere qualche spunto di classe e qualche buona idea qua e là.
Condivido con la linea di pensiero di chi ritiene che in occasioni del genere è assurdo aspettarsi album con la stessa genialità delle vecchie glorie, e nutro il massimo rispetto per chi evolve la propria musica senza perdere la propria identità… ma da chi è cresciuto venerando Deep Purple e Thin Lizzy, da chi ha vissuto e fatto grande un certo tipo di scena musicale, da chi ha annunciato un ritorno alle origini… sinceramente credo sia lecito aspettarsi, se non esigere, un prodotto estremamente diverso.
Ho ascoltato e riascoltato quest’album, cercando di carpirne una eventuale essenza e mettendo da parte i pesanti confronti col passato, ma tutto ciò che resta è un lavoro fiacco che sembra uscito da una di quelle band pop-rock fatte con lo stampo. Inesistenti o quasi le tastiere di Michaeli, la splendida voce di Joey Tempest che viene sprecata su linee melodiche impersonali e quelle poche buone idee come alcuni riff o alcune linee di basso penalizzate e rovinate da una scelta di un suono decisamente pessimo. I pezzi non hanno traino, non hanno feeling e di tutto il pacchetto soltanto qualche assolo di John Norum arriva alla sufficienza. Gli unici episodi che si salvano (come buoni pezzi pop-rock, non certo se paragonati agli standard dell’hard rock o degli stessi Europe) sono i lenti acustici come la bella conclusiva Settle For Love o la più oscura Roll With You, le quali scampano fortunatamente all’ondata di modernità che pervade tutto il platter.
Purtroppo gli Europe di questo album appaiono snaturati della propia stessa essenza, si appoggiano su strutture ripetitive, con una alternanza di strofe arpeggiate e ritornelli ‘new age’ fatti di linee vocali simili che vanno oltre il limite della monotonia. Quella bella distorsione pulsante, che dava una marcia in più a pezzi come Rock The Night, ha perso tutta la sua grinta a favore di un suono ultra-moderno; mentre della buona vecchia attitudine rock’n’roll non se ne vede nemmeno l’ombra.
Non so se quest’album sia stato guidato da esigenze commerciali o meno, dalla voglia di affacciarsi su nuovi mercati o di avvicinare nuove generazioni, ma si tratta di un grande passo falso che va ad intaccare un monicker storico del rock. Start From The Dark è un disco che, salvo miracoli, non potrà piacere ai fans degli Europe che furono.
Tracklist:
01. Got To Have Faith
02. Start From The Dark
03. Flames
04. Hero
05. Wake Up Call
06. Reason
07. Song No. 12
08. Roll With You
09. Sucker
10. Spirit Of The Underdog
11. America
12. Settle For Love
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini