Recensione: Start To Live

Di Leonardo Arci - 25 Ottobre 2008 - 0:00
Start To Live
Band: Seraphin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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70

Reduce da diverse esperienze con gruppi nei quali non ha potuto dare libero sfogo al proprio talento compositivo, Franz Schott, interessante quanto pressoché sconosciuto artista tedesco, esordisce con il monicker Seraphin sotto le ali protettrici della Bad Land Records. Il CD di esordio si intitola “Start to Live”, nome che a ben vedere si dimostra una vera e propria dichiarazione d’intenti, alla luce soprattutto della premessa con la quale abbiamo iniziato questa recensione.

Il promo in questione ci arriva del tutto inaspettato; a ciò va aggiunto che il genere musicale che ci accingiamo ad ascoltare, di primo acchito, non fa che confermare le perplessità iniziali in quanto l’hard rock concepito e suonato da questo ragazzo appare aperto a molteplici influenze e solo marginalmente può inquadrarsi in un genere prestabilito, men che meno in quello metal. Tuttavia, ascolto dopo ascolto, la varietà di sfumature e il continuo richiamo a band e a stili diversi accresce il nostro interesse e rivela progressivamente la validità di una proposta di classe, emotivamente coinvolgente e trascinante proprio come quell’oceano indicato a mo’ di metafora dallo stesso Seraphin per descrivere la propria concezione di Musica.

Entrando più nel dettaglio, le quattordici canzoni (più il video di “Golden Hat”) che compongono questo CD oscillano fra territori hard rock che richiamano alla mente ora i sottovalutati Soul Asylum (ci riferiamo alle aperture melodiche del coro della già citata “Golden Hat”), ora addirittura i mitici The Doors, soprattutto per quanto attiene alle linee vocali e ad una certa vena psichedelica riscontrabile nella componente strumentale (“Start to Live”). Non manca inoltre una sorta di tributo ai Metallica era “Load” con l’affascinante ed evocativa “A Night’s Charm”, nella quale Seraphin esibisce un songwriting maturo e pregevole che compensa in un certo qual modo una prestazione vocale leggermente sottotono. Le coordinate stilistiche dell’album, come anticipato, sono piuttosto articolate, non mancano pertanto episodi più heavy oriented, nei quali le chitarre acustiche lasciano la scena ad un riffing più deciso e aggressivo che riportano alla mente ora gli Anatema (“Boy Soldier”), ora i Paradise Lost (“Nothing but a Guest”). C’è infine spazio per le sperimentazioni più eclettiche e personali come testimoniato dalla traccia numero dieci, “Fat Zap”, una composizione che si sviluppa in ambiti funky/stoner che mi ha riportato alla mente certi lavori dei Guns n’ Roses. La parte finale del lavoro appare meno ispirata; si avverte essenzialmente un calo sotto l’aspetto melodico che è poi il punto di forza di tutto il lavoro: tracce come la rocciosa “Yellow Dragon” o la più cadenzata “You’re Gone” sembrano abbastanza forzate e non convincono appieno.

“Start to Live” è un lavoro che richiede un’adeguata predisposizione mentale affinché vengano opportunamente apprezzate le innumerevoli potenzialità in esso espresse. Un approccio poco attento potrebbe farci cadere nell’errore di sottovalutare un prodotto che ha diverse frecce al proprio arco, che avrà poco o nulla d’originale senza per questo risultare derivativo, anzi, dimostrandosi gradevole e qualitativamente inappuntabile.

Tracklist:

1. Children of the wind
2. Boy soldier
3. Der stern
4. The unknown
5. Nothing but a guest
6. Start to live
7. A night’s charm
8. Dreamer
9. Golden hat
10. Fat zap
11. Dragon’s stroke
12. Yellow dragon
13. You’re gone
14. Farewell
15. Golden hat (video)

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70