Recensione: Step Into The Future
E allora dillo che ci vuoi male. Davvero, che cosa può mai indurre un uomo non soltanto a comporre un’unica traccia strumentale della durata di 75 minuti e 22 secondi – e lo riscrivo per esteso, nel caso qualcuno non ci creda: settantacinque minuti e ventidue secondi – ma addirittura a credere di trovare qualcuno disposto ad ascoltarla? Verrebbe da pensare a puro sadismo, o a una sciagurata sopravvalutazione dei propri mezzi. Fatto sta che il sottoscritto questo disco lo ha dovuto suo malgrado ascoltare, per giunta più volte e con tutta l’attenzione possibile (oltre che con la triste consapevolezza che quelle ore di vita non gliele restituirà più nessuno). Perciò ora, per il vostro bene, tenterà di descrivere quello che ha sentito e di farvi capire se vale la pena “investire”, come usa dire oggi, il vostro prezioso tempo per partecipare a questa logorante maratona delle sei corde.
George Bellas è considerato uno dei chitarristi più veloci, tecnici e in generale preparati della scena odierna. Purtroppo non sono molti quelli che lo ricordano anche fra i più fantasiosi e ancor meno quelli che ne esaltano tocco o feeling. Ma l’occasione del riscatto, si sa, è sempre alle porte. Su ‘Planetary Alignment’, edito meno di un anno fa, Bellas aveva cercato di espandere il proprio repertorio verso a sonorità progressive. Quella vena progressive è stata mantenuta e sviluppata in ‘Step Into The Future’, insieme a una marcata impostazione jazz/fusion, in rilievo soprattutto nei pattern di basso e nelle ritmiche.
A favore della composizione depone la sua forte coesione interna. Non si ha mai l’impressione di una serie di brani distinti appiccicati a forza l’uno all’altro, quanto piuttosto di un flusso di note continuo e organico. Al solito Bellas suona di persona tutti gli strumenti. Pur non essendo evidentemente esperto nelle tastiere quanto nella chitarra, è palese il suo sforzo di impiegare i tasti d’avorio in modo non lineare. Va notato che non sempre questi tentativi riscuotono successo. Quando il sound devia verso psichedelia e space rock, infatti, la scarsa dimestichezza di Bellas con tali sonorità apre lunghe fasi di stanca, in cui l’attenzione inesorabilmente scema al punto che bisogna conficcarsi le unghie nella carne per non perdere la concentrazione. Il drumming di Marcus Minneman offre da parte sua un contributo incisivo in termini di soluzioni ritmiche, ma paga dazio a causa di una produzione posticcia e asettica.
Di emozioni poi è meglio non parlare. Bisogna aspettare il minuto 40 per trovare – al termine di una sezione solista narcotizzante – qualche spunto da ricordare, con un bel giro di chitarra dal quale si libera d’un tratto un estemporaneo stacco percussionistico tribale. Fanno quattro/cinque minuti su un’ora e un quarto: un po’ poco in effetti.
L’ambizione è una brutta belva, che usa ritorcersi contro il padrone quando la carne al fuoco non basta. Su tempi tanto dilatati, mantenere vivo l’ascolto non è facile nemmeno con un’orchestra o una vera band a disposizione: per un solo chitarrista è pura utopia. Certo, anche la Nona dura più di un’ora ma, con tutto il rispetto, George Bellas non è Beethoven. Se si può dunque apprezzare la sua tensione evolutiva e la volontà di staccarsi dai luoghi comuni neoclassici di inizio carriera, non si può d’altro canto evitare di contestualizzare ‘Step Into The Future’ nel panorama attuale. Di autentica sperimentazione ce n’è poca, mentre in campo prog/fusion non mancano produzioni decisamente più corali e avvincenti. Senza contare che lo scherzetto dura appena un’ora e quindici. Moltiplicato per tutti gli ascolti – continui, attenti e approfonditi, mi raccomando – che vi serviranno ad assimilarlo.
Fortunatamente, i più potranno salvarsi da questo esperimento sadico e perverso semplicemente ignorandolo. Gli avventurosi che nonostante gli avvertimenti vorranno comunque immergersi in cotanto maelström di note sono altresì benvenuti. Il bello della democrazia è che ognuno può farsi del male nel modo che preferisce.
Riccardo Angelini
Tracklist:
1. Step Into The Future (1:15:22)