Recensione: Sterile
Il tiepido voto di fondo pagina non è assolutamente indicativo del rispetto, dell’ammirazione, dello stupore che questo album ha generato in me. L’ascolto è stato più simile ad una ricerca, ad un continuo approfondimento, che a una sterile assimilazione di note. Sterile è senza ombra di dubbio uno dei lavori più difficili davanti ai quali mi sia mai trovato, ed è stato in grado di spiazzarmi continuamente, ad impantanare il mio giudizio in diverse occasioni. Ora che penso di averlo sviscerato abbastanza eccomi a scrivere il mio modesto parere e la mia stentata descrizione di qualcosa che con le sole parole non ci va sicuramente a nozze.
Difficile scegliere da dove partire. Se dovessi dare una dritta a chi vuole molto semplicemente una risposta al classico “cosa suonano?”, potrei cavarmela raccontando che i nostrani si cimentano in un misto di Deathcore e spunti Noise. Ma così ometterei non poco. Il discorso può essere valido per “Almost Meat“, i cui riff ipnotici rimandano alle dissonanze tipiche del Post-Hardcore, condite dal cantato ruvido di Gabriele. Batteria e chitarra spesso si divertono a costruire trame funamboliche, non per tecnica, ma per il modo in cui volteggiano senza risolvere (apparentemente) sul nulla. Nella semplicità animano strutture allucinanti, al limite del disturbante.
E la vera e propria allucinazione arriva, appunto, con “Hallucination…“: il primo esempio di come l’elettronica pesi abbondantemente sul suono odierno degli Infection Code. Una traccia costruita solo su pattern e vocalizzi, quasi a fare da intermezzo, ma con un ruolo più profondo. Sterile non è infatti un discorso costruito pezzo per pezzo, ma un insieme da prendere rigorosamente come tale. I viaggi sperimentali come “Whitepeace” e “…And Illusions“, le follie di “*It*“, non sono riempitivi ma episodi che danno il loro forte contributo a creare l’atmosfera di infinito disagio che Sterile comunica in continuazione.
Perchè dopo tutto questo entusiasmo un voto così moderato? Perchè purtroppo non sempre l’orecchio viaggia di pari passo con le mie parole, e in qualche frangente il lavoro si dimostra troppo chiuso a riccio su sè stesso. Non è sempre facile arrivare infondo all’ascolto, anche quando animati dalle migliori intenzioni. Ma davanti a Sterile i numeri sono davvero solo numeri, e vi invito dunque a riflettere piuttosto su quanto scritto sopra. In questo album sono concentrati mille dettagli in stretta connessione, e dietro ad una cortina di semplicità si nasconde senza ombra di dubbio un lavoro infinito. E’ il classico album che per avere un giudizio “lucido” porta via, come minimo, dei mesi. E per ovvie esigenze non potevo aspettare tanto.
Per correttezza specifico ulteriormente: questa ultima fatica degli Infection Code non è per tutti. Innanzitutto occorre avere un certo rispetto per le sonorità Post-Core. In secondo luogo non bisogna essere chiusi davanti a sperimentazioni sonore di ogni natura, nè essere intimoriti davanti ai passaggi ridondanti di cui Cd come questo sono pieni. Per chi ha una certa familiarità col genere Sterile non può che riservare grosse sorprese, e quantomeno garantire un gran numero di ascolti prima di essere definitivamente cestinato o innalzato a gran lavoro.
Matteo Bovio