Recensione: Still Burning
Se dovessi farmi guidare unicamente dal fattore emotivo, dalla nostalgia, dovrei assegnare il massimo dei voti a questo album e chiudere la recensione in poche righe, se non addirittura con la formula di rito “buy or die“. Andare dove ci porta il cuore però non sempre è foriero di scelte corrette e soddisfazioni garantite, questo accade nella vita, figuriamoci nella scelta di un disco. Per come amo i (New Wave Of) British Metallers, ed i Mythra in particolare, qualsiasi parola che non fosse di entusiasmo incondizionato equivarrebbe ad alto tradimento. Come la maggior parte delle band di quel periodo mitico e mitologico del rock anglosassone, i ragazzi di South Shields hanno raccolto (e pubblicato) pochissimo. Titoli ufficiali effettivamente usciti tra il ’79 e l’80 appena due: “The Death And Destiny EP” ed il singolo “Killer“. La cosa buffa è che il 7” conteneva come b-side due pezzi già apparsi sull’EP (“Ufo” e “Death And Destiny“), col risultato che la band maneggiava sempre le stesse risicatissime canzoni. E anche vero che nel biennio ’80-’81 arrivano pure un paio di demo, che di nuovi pezzi ne regalano ben nove. La carriera discografica della band, più o meno underground, termina così, con il semi-anonimato o quasi. Bisogna aspettare il ’98 (ovvero a NWOBHM bella che defunta e seppellita) perché un’etichetta (la British Steel) ristampi su cd il materiale dei Mythra.
Trascorre un lustro e i Mythra cercano di sfruttare l’onda lunga della compilation archeologico-celebrativa, pubblicando in modo indipendente “The Darker“, album del quale si accorgono in pochissimi, tolti amici, parenti stretti e lo staff dello studio di registrazione. Parrebbe morire tutto lì e invece, a nove anni di distanza, supportati da High Roller Records, i 3/5 della formazione originale (Bates/Roach/High), con l’innesto di due illustri sconosciuti (Davies e Perry) danno ancora una volta fuoco alle polveri. La fiamma non ha smesso di bruciare, come si evince dal titolo assegnato al nuovo disco. Il sound è un colpo al cuore per tutti gli estimatori della band e della parentesi magica rappresentata dalla NWOBHM. I Mythra decidono di non adeguarsi ai tempi, di non sposare alcun trend contemporaneo, di non temere l’anacronismo fisiologico; tornano in studio facendo l’unica cosa che sanno fare, il loro rock con tutti i segni più ed i segni meno del caso. Questo ovviamente li rende genuini e simpatici. Anche un po’ goffi e impolverati, ma alla fine ogni ascoltatore sceglie da che parte schierarsi e preme il tasto play sul lettore.
Lo scarto di qualità rispetto al materiale dell’era “Death And Destiny” è abissale. Sarà che forse all’epoca (in realtà mi riferisco al 1998, quando ho potuto acquistare la suddetta compilation della British Steel, non all’effettivo 1980, quando avevo appena 6 anni) non mi ero accorto della modestia tecnico-esecutiva della band, o forse all’epoca non c’era affatto, compensata da vette creative e picchi di ispirazione subilimi, ma ciò che primariamente salta all’orecchio oggi è una forma un po’ precaria dei musicisti. In particolar modo la batteria è troppo “amatoriale” per reggere la sfida di pubblicare un album nel 2017, in mezzo ai lupi famelici che popolano il panorama metal odierno. D’accordo, feeling, tradizione e sentimenti la fanno da padroni, ma non siamo più gli ascoltatori del 1980 e oggi l’elementarità del songwriting di un album come “Still Burning” (e soprattutto la sua traduzione “suonata”) può lasciare interdetti. Detto ciò e preso atto che le canzoni della prima incarnazione dei Mythra erano assolutamente fenomenali rispetto a queste, rimane una certa gradevolezza d’approccio, più per l’alone vintage che i nostri riescono a infondere che per l’effettiva imprescindibilità del materiale. “That Special Feeling” pare esattamente fotografare questa percezione. “Still Burning” a conti fatti è più che altro un disco di testimonianza, un grido di attaccamento alla immarcescibile bandiera dell’Union Jack, un’attestazione di indisponibilità a mollare, perché il rock non è un fattore di età (perlomeno, non solo) ma di attitudine mentale. I Mythra hanno tutto il mio sostegno, la mia stima ed il mio apprezzamento, perché sono leoni indomabili, perché hanno pubblicato autentiche meraviglie in carriera e perché appartengono ad un periodo irripetibile e fondamentale della storia dell’heavy metal. Oggi forse non saranno la band di cui non si può fare a meno, ma vallo a raccontare a chi tutti i giorni spolvera con deferenza maniacale i vinili di “Give’em Hell“, “Wild Cat“, “Rock Until You Drop“, “Power Games“, “Angel Witch“.
Marco Tripodi