Recensione: Still Cyco Punk After All These Years
Nel 1993 usciva “Still Cyco After All These Years“, a distanza di un quarto di secolo i Suicidal Tendencies ci sono ancora e rimangono “cyco”, anche se con l’aggiunta della cresta punk, ritratta pure in copertina; i Suicidal rivendicano (esplicitamente) l’appartenenza, la derivazione, l’influenza del punk nel proprio sound e nel proprio spirito. Da allora di album ne sono arrivati altri 5 (se consideriamo i full-lenght di inediti veri e propri, perché poi in parallelo c’è la consueta fiumana di compilation, EP e split), non tutti brillantissimi per la verità. Benché Mike Muir e soci non si siano mai ridotti a doversi vergognare di qualche capitolo discografico pubblicato in carriera – come invece accaduto a qualche loro altro compagno di viaggio (ognuno pensi al nome che ritiene più opportuno, a me il GPS dà le coordinate di San Francisco…) – è dai primi ’90 che il livello dei loro lavori si è sensibilmente ridimensionato, attestandosi come una celebrazione continua di quanto inventato e prodotto (prima) e replicato con parecchio affanno (dopo). Pescando nel loro repertorio più recente, personalmente avevo trovato discreto e piuttosto vitale “Free Your Soul… And Save Your Mind“, così come “13“, pur non dicendo assolutamente niente di nuovo, mi pareva tener botta dignitosamente. Questo nuovo “Still Cyco Punk…” invece assomiglia tanto ad una battuta d’arresto, sia tenendo conto che già il precedente “World Gone Mad” non mi era parso esattamente un album miracoloso, anzi tutt’altro, sia considerando che in realtà trattasi sostanzialmente di ri-registrazioni ad opera dell’attuale line-up dei Suicidal Tendencies dell’esordio dei Cyco Miko di Muir che si intitolava “Lost My Brain! (Once Again)“, anno domini 1996.
Qui non c’è il genio dei Suicidal, l’imprevedibilità, l’inquietudine, l’irrequietezza, il rovesciamento di fronte che invece ha caratterizzato larga parte della loro storia, perlomeno la prima metà. Totalmente assenti pezzi alla “Send Me Your Money“, “I Wasn’t Meant To Feel This / Asleep At The Wheel“, “Nobody Hears“, etc., quelle canzoni cioè in grado di incunearsi nel tritacarne hardcore-thrash della band e costituire un diversivo, per un verso estroso e iconoclasta, e tuttavia assolutamente coerente con l’anima articolata ed eterogenea della creatura Suicidal. L’operazione va in tutt’altra direzione, non a caso stiamo parlando di un side project di Muir vecchio di 20 anni, che sebbene non si allontanasse poi troppo dalla band madre, intendeva mettere in evidenza ancor di più gli aspetti punik dell’anima hardcore del frontman di Venice Beach E tuttavia quel manipolo di canzoni oggi ci viene riproposto col monicker ingombrante dei Suicidal, dunque non ce la si può nemmeno cavare banalmente con la tesi di un semplice rispolvero delll’album degli allora Cyco Miko. Alla fin fine “Still Cyco Punk…” si rivela perfettamente in linea con i binari che i Suicidal hanno intrapreso da qualche tempo, saldi e dritti. Per citare un ulteriore esempio, persino “Pop Song” che pure non derogava eccessivamente dal consolidato stile hardcore, aveva in sé degli elementi di effervescenza, ironia e “apertura” che permettevano poi ad una intera tracklist di non risultare troppo monolitica e granitica. I Suicidal non sono mai stati gli Slayer ed hanno sempre saputo diversificare, ora in chiave funky, ora in ottica thrash metal, ora spingendo sull’hardcore punk, ora inventandosi melodie ed armonie vocali totalmente peculiari ed apparentemente più adatte ai Beach Boys che ad una hard-to-the-core band; l’istinto dissacrante e demistificatore di Muir oggi sembra invece essersi sopito. Ora come ora un disco dei Suicidal pare più che altro una rimpatriata di amici che si esercita su di un repertorio classico (e infatti con “Still Cyco Punk…” non siamo affatto lontani da questa polaroid nostalgica….), senza alcuna capacità o intenzione di reinventarsi e continuare a stupire.
I Suicidal del 2018 si accontentano del compitino. Prova ne sia che i pezzi che si susseguono tendono ad assomigliarsi un po’ troppo tra loro; fino a che non arriva il ritornello per la maggior parte potrebbo risultare anche interscambiabili. C’è Dave Lombardo dietro le pelli e, al di là di una precisione impeccabile da metronomo svizzero, non si capisce la necessità di stipendiare un nome così importante per fargli suonare delle partiture per le quali sarebbe stato sufficiente un batterista di una cover band dei Suicidal. E’ un po’ come avere una Ferrari e andarci sulla pista ciclabile. D’altra parte è vero che oramai nella sostanza il marchio S.T. è totalmente appannaggio di Muir, visto che gli attuali comprimari Ra Diaz e Dean Pleasants sono avulsi dalla “storia che conta” dei Suicidal, essendo rispettivamente arrivati in formazione nel 2016 e nel 1998 (fermo restando che Pleasants almeno condivide da sempre con il frontman la militanza negli Infectious Grooves). L’assenza nel tempo di Rocky George, R.J. Herrera, Mike Clark e financo Trujillo ha fatto la differenza, inutile girarci intorno. I Suicidal non sono diventati poi troppo diversi dai Cyco Miko, ne condividono la ragione sociale, ovvero Mike Muir decide l’alfa e l’omega, punto.
Offerto nel 2018, “Still Cyco Punk After All These Years” è un dischetto senza infamia e senza lode, ma soprattutto senza lode, poiché la sua virtù è unicamente quella di non essere talmente modesto da risultare infame, quindi davvero il minimo sindacale. Arriverete in fondo in un batter d’occhio, senza esservene nemmeno accorti, il che per un album dei Suicidal Tendencies non è esattamente un complimento. Al di là della sbandieratissima appartenenza al genere, alla “scuola” e più in generale allo stile di vita e di pensiero che da sempre permea e plasma la band, in questi solchi non c’è molto altro, nessun guizzo, nessun elemento di vitalità, solo la pedissequa ripetizione di quanto già sentito nel 1996 e poi ancora, ancora e ancora. Forse le Tendenze Suicide hanno smesso di graffiare? Saltare come ossessi sui palchi di mezza America non basta più, l’entusiasmo, la fedeltà alla bandana, la coerenza, sono una bella cosa ma dall’omonimo debutto sono passati ben 35 anni.
Marco Tripodi