Recensione: Stoned Machine
Prende progressivamente piede anche entro i confini nostrani, il movimento stoner, a testimonianza di un panorama underground che va facendosi sempre più composito e ricco di sfaccettature.
A stuzzicare la nostra attenzione sono questa volta i ravennati Stoned Machine, band attiva sin dal 2003 e giunta, dopo il consueto e tradizionale rodaggio fatto di esperienze live e cambi di line up, alla realizzazione di un primo interessantissimo demo omonimo nel febbraio del 2006, successivamente rieditato nei mesi seguenti, sino a raggiungere – con l’addizione di un pezzo inedito – la forma definitiva resa ora disponibile.
Facile inquadrare la proposta del quartetto romagnolo nel giro di pochissime note. È granitico ed arcigno Desert Rock il fondamento principe dell’intera impalcatura sonora, sorretta dagli elementi cardine ed irrinunciabili tipici del campo.
Un rifferama, semplice quanto efficace, di stampo seventies, chitarre costantemente “ribassate” e pastose, cadenze mai urgenti ma inesorabili, ed atmosfere che poggiano direttamente sull’immaginario abbacinante del deserto americano, fatto di scenari rarefatti e dai contorni indefiniti.
Insomma, ancora una volta, stoner nell’accezione più ficcante e misurata del termine.
“If You Can”,“Shut Up”, “Fire In My Hands” e “What’s Goin’ On”, colpiscono nel segno senza alcuna difficoltà, ricalcando con fedele precisione le caratteristiche musicali codificate negli anni dai grossi calibri del genere quali Kyuss, Fu Manchu e Nebula, muse ispiratrici per nulla dissimulate in un percorso stilistico ancora bisognoso di qualche dose di carattere ma, senza dubbio, dalla sorprendente e tangibile efficacia, in cui gli ingredienti paiono già sin da ora ben disposti e filtrati da una consapevolezza nei propri mezzi evidente. Ancora di livello superiore inoltre, il terzetto finale di questo mini cd autoprodotto, interessante riassunto delle capacità compositive del combo italico.
L’enigmatica “…………..” (nessun errore, è proprio il titolo!), la torrida e filosofeggiante “Human Regression” e la conclusiva, avvolgente e visionaria “Listen To The Wind” definiscono, infatti, il buon livello su cui vanno ad attestarsi gli Stoned Machine, gruppo che ha appreso brillantemente la lezione dei maestri e che attendiamo protagonista di prove di maturità ancora più alte e significative in un prossimo futuro.
Il rock del deserto americano, genere a volte difficile, poco conosciuto e per molti, sfuggente ed indecifrabile, ha allargato la propria influenza sino a contagiare questo manipolo di validi musicisti di casa nostra. Un salto spazio temporale notevole, che non potrà offrire grande fama, ma saprà rendersi apprezzabile alle orecchie dei non molti appassionati a cui, senza alcuna riserva, un ascolto è davvero più che consigliato.
Tracklist:
01. If You Can
02. Shut Up
03. Fire In My Hands
04. :What’s Goin’ On
05. ………………
06. Human Regression
07. Listen To The Wind
Line Up:
Luca “Hernandez” Damassa – Voce
Filippo “Felipe” Petrini – Basso
Mauro “Sampedro” Giorni – Chitarra e Cori
Igor “Rosas“ Rosetti – Bateria