Recensione: Stop Pretending
Adoro il thrash metal! Sapete perché? Perché non muore mai. Passano i tempi ed è in grado di trasformarsi come un camaleonte. Si fonde al rock, si fonde all’hard-core, s’alimenta di nuovo carburante direttamente dai grandi distributori di groove metal, roboa come non mai quando è affiancato allo speed metal ed è così ‘bello’ nel suo essere grezzo quando ad interpretarlo sono gli amanti della musica marcia e caustica… per non dire di chi lo utilizza per render più impattanti sezioni ritmiche che per completezza compositiva sfiorano i confini del progressive o technical metal. Ma il bello deve ancora arrivare perché in qualunque era lo si riproponga, esso è sempre fresco e coinvolgente. Unico obbligo? Saper suonare… Sembrerà un’affermazione scontata, ma, come pure in altri movimenti artistici, le cose funzionano sopratutto quando ci son state ore passate a migliorare il proprio stile in sala prove o nella propria camera, fino alle sei di mattina magari! Ecco quindi che si può esser grandi anche se non ancora originalissimi. Basta poco per dar via a un percorso artistico vincente quindi.
Nel caso dei nostri Heart Attack, band proveniente da Cannes, siamo di fronte a una di quelle realtà che sembra aver intrapreso la strada del successo con il giusto passo. Parliamo infatti di un thrash metal carico di groove dove riesce anche a convivere quella gamma di sfumature più morbide, garantite, come ormai consolidato, da melodie accattivanti e dall’alternanza del clean con un cantato più aggressivo. Non vi nasconderò che a primo ascolto vi verranno subito in mente i contemporanei Machine Head ed i conterranei Gojira, però, se affinate l’ascolto, ci troverete anche quel qualcosa in più che altro non è che lo slancio della personalità che questi quattro ragazzi celano nella loro attitudine. Il disco infatti non suona monotono, nemmeno al decimo brano, dopo più di quarantacinque minuti di schiaffoni in faccia.
Originali al 100% no, ma veri quanto si vuole. Se poi affianchiamo alla nostra critica il fatto che il Cd suona benissimo sotto il profilo dei suoni ed è stato curato a livello di artwork (molto originale la copertina), nonché si presenta ricco di contenuti di qualità, tra cui le favolose sezioni soliste dell’ex-Stolen Innocence, Chris Cesari, allora il gioco è fatto!
Ora basta solo ficcare il disco nel lettore darci dentro… ora siete pronti per la traumatica esperienza thrashy a rischio infarto.
Thrash… apparentemente è facile maneggiare questo ‘genere’, è ancor più facile apparire dei maniaci dell’impatto e dell’innocua aggressività… ma è molto difficile farlo percepire all’ascoltatore per quanto vero sia. Qui sembra che il centro sia stato beccato al primo colpo. E che colpo.
Nicola Furlan
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