Recensione: Storia di un minuto

Di Onirica - 6 Settembre 2002 - 0:00
Storia di un minuto
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1972
Nazione:
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90

Eccomi di fronte ad uno dei dischi simbolo della musica Made in Italy. Sono passati trenta lunghissimi anni, ma la favola che questo storico gruppo vuole raccontarci sembra magicamente abbattere ogni estremo temporale per rivelarsi in un minuto di fascino senza fine. La PFM scrive sette tracce di autentica innovazione progressiva nel campo rock italiano, mentre da un’altra parte su questo mondo, in Canada, si sarebbe dovuto attendere ancora qualche anno prima dell’evento, diventato fenomeno, Rush.

Flavio Premoli:  organo, pianoforte, mellotron,
   clavicembalo, piano a puntine,
   moog, voce
Giorgio Piazza:  basso e voce
Franz Di Cioccio:  batteria, moog, aggeggi, voce
Mauro Pagani:   flauto, ottavino, violino, voce
Franco Mussida:  chitarra elettrica, chitarra acustica,
   chitarra dodici corde, mandoloncello, voce

L’atmosfera indescrivibile che questi cinque giovani ragazzi italiani riescono a creare in modo candido e genuino, ambientazioni che la presuntuosa tecnologia non invidia e da cui molti hanno imparato, mentre chi è superficiale le ha considerate come forse farebbe la volpe di Esopo, sono tuttavia aspetti di fondamentale importanza comuni a pochi gruppi, tra i quali non si può di certo trovare il nome Rush, emblema del rock progressivo in tutto il mondo. Il segreto sta negli strumenti cui si fa richiamo, suonati dal primo all’ultimo con le proprie mani, senza ricorrere agli effetti speciali di cui si comincia a parlare durante questi anni. La semplicità, insieme alla naturalezza e alla voglia di fare musica, si sposano magicamente con le distorsioni delle chitarre, mentre i flauti fanno strada ai violini, e pian piano si è travolti da quel profumo di festa popolare fatta di gente umile che vive la giornata, godendosi i piccoli grandi piaceri della vita. Con questo nulla tolgo ai Rush, ma tengo solo a sottolineare, mediante un’irragiungibile disco della nostra penisola, l’unico punto vulnerabile della famosa band d’oltreoceano: ingenua nell’affidarsi spasmoticamente alle fredde tastiere e all’elettronica, seppur conquistatrice di una dimensione originale e parecchio apprezzata dal sottoscritto, spesso però assente, gelida, artificiale ed oserei dire a volte artificiosa, poco naturale.

Impressioni di Settembre. Pezzo storico, scritto con la partecipazione del grande Mogol, dove il sorgere del sole si distende sopra un mare di erba ed il pensiero vaga distante. Le tastiere eseguono un giro ormai famosissimo, mentre la semplice poesia delle parole non fa che aggiungere incanto ai cori di chiusura, tristi e malinconici quanto mai. Brano riprodotto da diversi altri artisti nel corso degli anni, ultimo fra i quali Francesco Renga. Ma come dicevo E’ Festa, brano da considerarsi praticamente strumentale, capace di un’intro occupata per qualche secondo da un timido pianoforte. Il resto è affidato, in un primo momento, alle scale di chitarre e tastiere, verso la fine, alla batteria di Franz e al basso di Giorgio.

La quarta e la quinta traccia costituiscono le due facce di una stessa medaglia. In effetti il tema principale rimane lo stesso, solo che la prima delle due parti sembra quasi la versione acustica della seconda. Proprio nella seconda invece, si scatena la follia di un pianoforte da manicomio immediato, anticipato dalla prepotenza di un violino che le parole m’impediscono di descrivere. Seguono i piatti fumosi della batteria ed un’autentica composizione jazz a chiudere con un bicchiere di classe e un 10 in storia dell’arte.

La Carrozza di Hans è senza dubbio il brano più divertente del disco. Alla sola voce iniziale, fanno subito compagnia piatti e bicchieri della batteria insieme a Franco Mussida, attivo partecipe della stesura di questo disco insieme a Pagani. Il finale è un vero e proprio trionfo: la musica acquista velocità e volume per interrompersi all’improvviso e fare su e giù come una molla, sfruttando il silenzio per sostenere ritmo e rapidità. Poi tutto si spegne ed inizia a piovere con Grazie Davvero, gli strumenti circondano generando confusione, è il paese dei balocchi.

Non è semplice assistere a tanto incanto tutto insieme, la musica trasporta e fa viaggiare. Questo è il classico disco affascinante, di quelli che non se ne trovano molti in giro: gli autori sono cinque semplici ragazzi italiani, che conquistando il grande pubblico firmano la loro presenza tra i grandi della musica rock di tutti i tempi.

Se non possedete queste disco acquistatelo, se invece ne avete già una copia, vi consiglio di comprarlo ugualmente perchè considerando l’anno di pubblicazione sarà ridotto uno schifo…

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

1. Introduzione
2. Impressioni di Settembre
3. E’ Festa
4. Dove… Quando… (Parte I)
5. Dove… Quando… (Parte II)
6. La Carrozza di Hans
7. Grazie Davvero

 

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