Recensione: StormWarning
Lo sguardo sudamericano di Frontiers passa dalle parti dei campioni del mondo della Albiceleste e va a scoprire un nuovo talento argentino dall’ugola dotata e versatile.
Santiago Ramonda, cantante di belle speranze, appassionato di Joe Lynn Turner e del rock vecchia maniera, è il protagonista di questa bella favola che ha come fata madrina la robusta figura di Stuart Smith, il quale, colpito dalle doti di questo sconosciuto singer scoperto per caso, ha avuto il merito di condividerne le capacità proprio con i sodali di Frontiers.
I quali, nemmeno a dirlo, non hanno perso tempo ed hanno apparecchiato attorno a Ramonda tutto il necessario per un debutto discografico in ottimo stile.
In un ipotetico derby del Sudamerica, i brasiliani Marcelo Gelbcke (Landfall) alle chitarre e Felipe Souzza (Semblant) alla batteria, sono stati assoldati per la realizzazione di un progetto attagliato alle caratteristiche di Ramonda.
Ed ecco pronti gli Stormwarning.
Una band nuova… si fa per dire…
Anche l’ascoltatore meno esperto ad una rapida occhiata alla copertina del disco, in effetti, noterà l’evidente richiamo “vintage” della grafica, suggestione diretta di riverberi ben piantati negli anni ottanta. Proprio come la fuoriserie che, in versione arcade, sembra voler suggerire immagini care a serie televisive celebri in quegli anni.
In realtà lo stile degli Stormwarning ha connessioni ancora più remote. Si parte da una evidente infatuazione per i Whitesnake (i giri di chitarra della iniziale “Eye of the Storm” fanno intendere quanto sia stato studiato lo stile di John Sykes e del monumentale “1987”), per poi scendere più in profondità, andando a pescare a piene mani da Rainbow e Deep Purple. Le tastiere e alcune ambientazioni infine, recano in pieno il marchio ottantiano del rock melodico facile e radiofonico,
Classicume assortito per la gioia dei seguaci meno giovani e di chi, anche amando la contemporaneità, subisce comunque il fascino di cose dallo stile parecchio più datato.
Pur non rappresentando in alcun modo qualcosa di nuovo, il disco – come direbbero gli anglosassoni – ha i “suoi momenti”.
Sicuramente fluido e scorrevole, va lasciato sedimentare per qualche ascolto buono a scoprire alcuni pezzi dalla resa notevole. Un songwriting magari un po’ standardizzato ma comunque solido, produce alcuni brani riusciti. Il crescendo di “Sweet True Lies” è tra questi, assieme alla scattante “Neon Skies” e all’altrettanto grintosa “Soldiers of Love“. Rimane impresso il ritornello del singolo “Satellite Falling“, facile da memorizzare. I pezzi che personalmente abbiamo eletto come nostri preferiti sono però “Lovers in the Dark” e “Horizon Chase“, in cui l’alternanza tra parti scintillanti e più soffuse ha il merito di illuminare una coppia di melodie seducenti.
In generale c’è comunque buon potenziale un po’ ovunque: pochi intoppi e canzoni tutte piuttosto gradevoli, con qualche buona idea ed ottimi suoni.
Che tutto quanto si riferisce agli Stormwarning sia stato scritto e composto per dare spazio alla voce di Ramonda poi, è piuttosto comprensibile. Il frontman argentino effettivamente è in possesso di una gran bella voce. Corde vocali che stanno a metà tra Coverdale e Turner e che mostrano personalità. L’accompagnamento di Gelbcke e Souzza infine è ideale, impeccabile, corposo e mai invadente.
Assieme ai vari Robledo, Fernandes, Alirio, Zonta, Oliver e Romero, un’altra buona scoperta da aggiungere al drappello di ottimi cantanti pescati in Sud America da Frontiers. Lo sentiremo magari duettare nel prossimo album di cover di Jeff Scott Soto o in qualche side project parallelo assemblato ad arte.
L’augurio tuttavia, è che il talento non venga disperso in mille rivoli privi di spessore artistico, ma possa davvero esprimersi al meglio, facendosi forte di una abilità tangibile che in questo primo assaggio discografico non tarda a rendersi manifesta.