Recensione: Streets of Calimport

Di Stefano Usardi - 24 Novembre 2022 - 9:13
Streets of Calimport
Band: Charons Claw
Etichetta: MetalFighters
Genere: Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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A un appassionato di D&D e dei romanzi di R.A. Salvatore basterebbe un’occhiata veloce alla copertina di “Streets of Calimport”, debutto dei greci Charons Claw, per abbozzare un sorriso: il livello di citazionismo – a partire dal nome del gruppo, passando per il titolo dell’album e infine per l’artwork dello stesso – è così smaccato da rasentare la sfrontatezza, ma io che ho adorato (e per certi versi adoro ancora) sia il gioco che i romanzi non posso che apprezzare la bella dichiarazione d’intenti del terzetto ateniese. Bene, fatta questa lunga premessa direi di passare al nocciolo della questione: la musica. Com’era lecito aspettarsi, i Charons Claw propongono un fiero e drittissimo heavy metal di stampo tradizionale, che non esita ad irrobustirsi alla bisogna e guarda con insistenza ai nomi d’oltreoceano come numi tutelari. Otto tracce per mezz’ora abbondante di musica veemente e nerboruta, che il trio ellenico farcisce bene rispettando tutti i diktat del genere NWOTHM: largo quindi a ritmi quadrati e pulsanti, melodie maschie, chitarre croccanti, rallentamenti carichi di pathos e galoppanti accelerazioni, condendo il tutto con una voce piena e squillante. C’è anche il tempo per la power ballad d’ordinanza (“Second Chance”) in cui gli elleni mescolano pathos, romanticismo ed arpeggi inquieti. Insomma, i nostri tre amici fanno tutto per bene, prediligendo un approccio scandito e arcigno alla materia senza farsi mancare, però, qualche galoppata per velocizzare la loro rombante truezza e melodie mediterranee per donare al tutto un retrogusto esotico. Questa mescolanza di elementi dona alle canzoni una certa corposa incombenza – evidente in pezzi come “Log Out” o “Yharaskrik ( The Mind Flayer )”  – che se da un lato rende “Streets of Calimport” un album bello denso e compatto, dall’altro minaccia di abbassarne lievemente la digeribilità per via di una resa complessiva che, nonostante la breve durata e le variazioni sul tema già accennate, risulta un po’ troppo uniforme. Per questo motivo “Streets of Calimport” sembra indirizzarsi principalmente ai più oltranzisti seguaci del Vero Metallo, che di certo troveranno di che gioire con un lavoro che fa dell’ortodossia il suo vessillo.

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